Oxana ha lasciato Kiev appena in tempo. Si è messa in viaggio di primo mattino e ha raggiunto il paese di sua madre, che è vicino alla frontiera con la Polonia. Lì si sente più al sicuro anche se lasciare l’Ucraina da ieri pomeriggio è diventato difficilissimo. I russi sono entrati nella regione della capitale e hanno preso il controllo di un aeroporto. «Non siamo neofascisti e non c’è nessun genocidio. Da otto anni va avanti la guerra per il Donbass e sono morti anche migliaia di ucraini. Quella di Putin è una vera e propria invasione e l’Europa deve essere
unita. Lui minaccia tutti, ma averne paura non è la soluzione». Ludmilla, la mamma di Oxana, è un’ingegnere meccanico. È in Italia da 20 anni, vive a Isernia dove lavora come badante.
«Noi i russi li abbiamo sempre rispettati, parliamo anche in russo con loro. Non ci sia aspettava questo accerchiamento, bombardamenti ovunque. Putin vuole ricostruire l’impero russo. Noi vogliamo vivere liberi e indipendenti. Se l’Europa non risponde unita e con forza, la storia sarà cambiata», dice con coraggio. Non nasconde, certo, di essere molto preoccupata.
Maria è in Italia dal 2002, quando è arrivata il suo Paese non era molto conosciuto, «mi chiamavano Maria la russa». In Ucraina ha lasciato tre figlie: due dottoresse e un’avvocatessa che sono sposate e le hanno già regalato dei nipotini. Sono venute spesso a trovarla, lei abita a Campobasso, e sono state anche al mare, a Termoli e Vasto. «È dalle 4 di stamattina (ieri mattina, ndr) che sono sveglia e con il telefonino in mano. La paura, dopo che mi hanno avvisato di quello che stava accadendo, era che si interrompessero le comunicazioni e, quindi, di non riuscire più a sentirci. Per fortuna non è successo». La sua città, a confine con la Polonia, è stata bombardata. La sua famiglia non si è organizzata per andare via. «Non pensavamo che questa guerra, che dura da otto anni, arrivasse alle porte dell’Europa, la storia non ci ha insegnato nulla», dice smarrita. «Il mio cuore di mamma e di nonna sta soffrendo molto e ho sentito anche gli altri membri della comunità ucraina nel capoluogo. Siamo tutti impauriti, sconvolti e impotenti. L’unica cosa che possiamo fare è pregare».
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