I primi ‘ex’ bambini di Chernobyl, accolti per la prima volta nel 1997, starebbero tornando in Molise proprio in queste ore. Pronte a riabbracciarli per dare loro un posto sicuro mentre in casa hanno la guerra, le famiglie che li hanno continuati a pensare come ‘figli’. Sono, però, prevalentemente bimbe diventate donne e mamme, che con sé possono portare i loro bambini fuori dall’orrore. I ragazzi no, loro dall’Ucraina non possono uscire, sono arruolati per combattere contro gli invasori russi.
L’associazione Solidarietà senza confini, che sta seguendo la crisi, ha riattivato la rete e i canali con altre onlus e con rappresentanti istituzionali. «Ci rivolgiamo a tutti i genitori che come noi hanno aiutato a crescere un bambino sopravvissuto al disastro nucleare di Chernobyl: adesso questi ex bambini hanno ancora bisogno di noi e se vogliono venire in Italia possiamo aiutarli», è l’appello di Adelmo Di
Lembo e sua moglie Fernanda Di Gregorio, fra i promotori di Solidarietà senza confini.
Domani, dalle 16.30, si terrà una riunione operativa con le famiglie dei bimbi di Chernobyl nella sala Alphaville a Campobasso.
Sarebbe fondamentale, aggiungono Fernanda e Adelmo rivolgendosi alla Regione ma anche ai Comuni dove i bambini furono ospitati, ottenere attraverso le autorità nazionali e diplomatiche, un corridoio umanitario. Permetterebbe agli interessati di lasciare l’Ucraina in meno tempo e in modo più sicuro, protetti da un percorso dedicato.
La macchina della solidarietà concreta si è messa in moto in Molise come altrove. In redazione arrivano, numerose ormai, le richieste di informazioni e domande semplici: cosa possiamo fare concretamente per aiutare una popolazione che ha già sofferto e oggi subisce la guerra?
Per i bambini malati di tumore, curati nell’ospedale pediatrico di Kiev dall’equipe di Damiano Rizzi, si può intanto donare per acquistare adesso anche le aspirine. Il conflitto ha reso difficilissima l’assistenza nella struttura di Soleterre, la onlus con cui da anni anche Solidarietà senza confini collabora. «Sul sito internet e sulle pagine social dell’associazione si possono trovare tutte le informazioni per contribuire alla raccolta fondi che è stata avviata», spiega Fernanda.
In ultimo, ma non meno importante, il ricongiungimento. «Nelle nostre città e nei nostri paesi ci sono tante signore ucraine che assistono i nostri anziani e ora sono disperate perché hanno le figlie, i figli e i nipotini sotto le bombe. Sarebbe importante aiutarle a far venire qui i loro familiari, restituendo loro la serenità che regalano a noi. Anche in questo – conclude Adelmo – atti concreti delle istituzioni sarebbero fondamentali, sia la Regione sia gli enti locali, come sta avvenendo già in Trentino e in Toscana».
Intanto, le Regioni si sono dette pronte a fornire farmaci e materiale sanitario, aderendo alla richiesta arrivata dal dipartimento nazionale di Protezione civile. Il governo Draghi, nella riunione del Cdm di ieri, ha disposto con decreto che i cittadini ucraini vengano ospitati nei Cas anche indipendentemente dal fatto che abbiano presentato domanda di protezione internazionale. Inoltre, ha deliberato fino al 31 dicembre lo stato d’emergenza in relazione all’esigenza di assicurare soccorso e assistenza alla popolazione ucraina sul territorio nazionale in conseguenza della grave crisi internazionale in atto. Per organizzare ed attuare gli interventi più urgenti sono stati stanziati 10 milioni a carico del Fondo per le emergenze nazionali.
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