La caccia di selezione è inutile e dannosa, puntano il dito le associazioni ambientaliste intervenendo sulla proposta avanzata dall’assessore regionale all’Agricoltura Nicola Cavaliere per combattere l’emergenza cinghiali. Wwf Molise, Legambiente Molise, Lipu, Italia Nostra, Ambiente Basso Molise mettono sul tavolo della discussione «soluzioni scientifiche» al posto dei fucili.
Pronta la controreplica di Coldiretti Molise, per la quale «ciò potrebbe valere se la densità della specie fosse ricondotta a quella indicata dalle norme vigenti, ovvero 2,5/3 capi ogni 100 ettari; attualmente l’indice di densità è a dir poco ribaltato, per cui i metodi ecologici o scientifici che dir si voglia, risultano inappropriati. Nel momento in cui sarà ristabilito l’equilibrio ben venga l’attuazione di tali misure».
Confronto serrato e garantito su questo tema. Le associazioni ambientaliste condividono la necessità di risolvere il problema ma richiamano al rispetto delle norme per la tutela delle specie minacciate a livello comunitario che proprio nel periodo fra la primavera e l’estate si riproducono. «Oltre a non ottenere alcun risultato apprezzabile – sostengono gli ambientalisti – la caccia di selezione causa notevole disturbo alla fauna in pericolo in fase riproduttiva e se condotta anche in aree protette il danno è doppio». Piuttosto, «il controllo numerico dei cinghiali va condotto con tecniche scientifiche e di comprovata efficacia, ma non con i fucili». Anche perché, ribadiscono la loro posizione, «i cacciatori, che hanno causato il problema con continue immissioni di cinghiali est-europei sul territorio, non possono ergersi a risolutori del problema». Senza dimenticare che il numero dei selettori è di gran lunga inferiore rispetto a quello dei cacciatori attivi durante la stagione ordinaria.
Coldiretti risponde, con le parole del delegato confederale Giuseppe Spinelli, che gli ambientalisti «non hanno ben chiara la portata del problema e questo non consente loro di rendersi conto che l’aumento esponenziale dei cinghiali è diventato una vera e propria emergenza che Coldiretti sta denunciando ormai da anni» e che «ogni possibile intervento atto a contenere il numero di questi selvatici verrà attuato nel pieno rispetto delle norme vigenti in materia di tutela della fauna selvatica». Non si può non considerare, aggiunge l’organizzazione agricola, il danno che l’emergenza sta causando alle aziende agricole e zootecniche, spesso costrette a chiudere. «Dove chiude una stalla o un’azienda agricola – spiega il direttore regionale Aniello Ascolese – non si perde solo un’attività economica, con decine di posti di lavoro, ma ciò causa anche l’abbandono delle aree interne, con evidente ricaduta negativa sulla tutela e manutenzione del territorio, oggi più che mai indebolito a causa dei cambiamenti climatici in atto». Ultimo, ma non in ordine di importanza, chiosa Spinelli, il fatto che l’aumento incontrollato dei cinghiali, che vagano indisturbati anche nei centri abitati, mette a rischio anche l’incolumità delle persone.

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