«Mio padre era molto concentrato sulle cose da fare. Non pensava tanto alla sua carriera, alle nomine, agli incarichi. Lui pensava a far bene il suo lavoro e a dare un’opportunità alla sua terra e al suo Paese». Insieme alle sorelle, Nicola Sedati ha ricevuto ieri sera il Premio San Giorgio alla memoria di Giacomo, il loro padre. Molisano, giovanissimo sindaco di Riccia nel 1946 e deputato dal 1948 fino alla morte, improvvisa, nel 1984. Due molte ministro, tante altre sottosegretario, commissario per il Vajont, presidente della Commissione di vigilanza Rai. «Un uomo molto affettuoso, di grandissima bontà». È il figlio a parlare. E anche l’erede di valori oggi rarissimi. Il servizio. Ma anche il pensiero lungo, da statista. Sedati fu antesignano dell’elezione diretta dei sindaci, ha ricordato l’ex ministro Gerardo Bianco, chiamato a relazionare su una figura centrale nella storia della Democrazia cristiana e dell’Italia. Siamo soliti ricordare, ha detto Bianco, De Gasperi, Moro, Fanfani, «ma l’ossatura del partito era costituita da uomini come Sedati che hanno dato un contributo eccezionale».
Nella Sala della Costituzione, voluto dal Centro Studi Molisano presieduto da Giacomo Reale che da nove anni assegna il San Giorgio, un omaggio che il Molise istituzionale non ha saputo tributare in occasione del centenario, nel 2021, all’uomo che è stato artefice dell’autonomia. Una svista a cui si è posto rimedio. Era ora. Sedie quasi tutte occupate. I vertici della Regione (Toma), chi lo è stato in passato (Iorio e Santoro). I figli di altri politici d’altri tempi. Amici di Riccia, anche il sindaco Pietro Testa, e amici della famiglia, quelli che di Sedati conservano il ricordo senza bisogno di stimoli o convegni. E il presidente della Provincia Roberti che ha fatto gli onori di casa.
Trentasei anni ininterrotti in Parlamento, leader incontrastato della Dc molisana, numerosi incarichi di governo e parlamentari, Giacomo Sedati è stato l’unico politico eletto in Molise a ricoprire il ruolo di ministro due volte). Nel maggio 1978, nel covo di via Gradoli a Roma, fu rinvenuto il suo nome in ritagli di giornali come possibile obiettivo delle Brigate Rosse. Informato del fatto, rifiutò la scorta per sé e i familiari. Fu uno dei momenti più difficili in una vita di impegno senza risparmiarsi, come ha raccontato il figlio Nicola. «È una figura che ci ha molto forgiato. Purtroppo l’abbiamo perso che eravamo molto giovani ma il lasso di tempo che abbiamo vissuto con lui è stato molto formativo». Ha lasciato ai suoi cari soprattutto il senso del dovere, che si era formato in famiglia e non solo. Nato negli anni Venti, ha vissuto la guerra. «Viveva tutto quello che faceva con intensità e impegno, senza risparmiarsi. Era molto concentrato sulle cose da fare. Non pensava tanto alla sua carriera, alle nomine, agli incarichi. Lui pensava a far bene il suo lavoro e a dare un’opportunità alla sua terra e al suo Paese. Più insegnamenti di questi non penso che ci possano essere». È importante il premio San Giorgio perché, ancora le parole del figlio di Sedati, è tributato «da associazione che si occupa di cultura e che premia il merito». Cosa direbbe della politica di oggi e «forse anche di ieri e dell’altro ieri perché lui è scomparso nel 1984»? Non criticherebbe, perché non era nel suo stile e nel suo carattere. «Si sarebbe ritirato, come aveva intenzione di fare, per occuparsi della sua campagna», avrebbe vissuto un po’ a Roma e un po’ a Riccia. «Avrebbe dato consigli a chi glieli avrebbe chiesti ma non avrebbe fatto più politica attiva. Il suo mondo era cambiato».

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