La Chambre de l’Instruction della Corte d’Appello di Parigi ha deciso di negare l’estradizione richiesta dall’Italia per i dieci ex terroristi rossi arrestati nell’ambito dell’operazione ‘Ombre rosse’ nell’aprile 2021, tra cui l’ex militante di Lotta Continua Giorgio Pietrostefani, condannato in Italia come uno dei mandanti dell’omicidio del commissario Calabresi 50 anni fa a Milano, e i molisani Enzo Calvitti e Maurizio Di Marzio. Quest’ultimo, che a Parigi si è rifatto una vita da ristoratore, sfuggì alla cattura ad aprile. Fu poi arrestato il 19 luglio 2021. Calvitti, 67 anni, è nato a Mafalda. Ex Br ed ex psicoterapeuta, è stato condannato in contumacia a 18 anni per banda armata e associazione terroristica.
Le motivazioni della sentenza si conosceranno nei prossimi giorni, ma la Corte francese ha fatto riferimento a due articoli della Convenzione europea dei diritto dell’uomo sul rispetto della vita privata e sul giudizio in contumacia. La decisione può essere impugnata dalla procura generale francese. Il pg di Milano intanto ha fatto sapere che sta valutando un’impugnativa sul modello della nostra Cassazione.
«Rispetto le decisioni della magistratura francese, che agisce in piena indipendenza. Aspetto di conoscere le motivazioni di una sentenza che nega indistintamente tutte le estradizioni. Si tratta di una sentenza a lungo attesa dalle vittime e dall’intero Paese, che riguarda una pagina drammatica e tuttora dolorosa della nostra storia» Questo il commento della ministra della giustizia Marta Cartabia.
Forti reazioni dal centrodestra. Per la leader di FdI Meloni la decisione è «inaccettabile e vergognosa». Il coordinatore di Forza Italia Tajani parla di «atto gravissimo che non ha nulla a che vedere con il garantismo e la libertà di espressione». Per il segretario della Lega Salvini «proteggere terroristi che hanno ucciso in Italia è una vergogna». Anche dal Pd trapela «delusione».
Alla lettura del dispositivo erano presenti tutti gli italiani condannati e fuggiti in Francia, ad eccezione del più anziano, Giorgio Pietrostefani, 78 anni. Da tempo malato, per le conseguenze di un trapianto è spesso in ospedale e in condizioni che non gli hanno consentito finora di partecipare alle altre udienze che lo riguardavano. C’era, fra gli altri, Di Marzio. Originario di Trivento, ma con la famiglia ha vissuto a lungo a Roma, la sua posizione è al centro di una diatriba sulla prescrizione. Dovrebbe scontare in Italia un residuo di pena a cinque anni e nove mesi di carcere per banda armata, associazione sovversiva, sequestro di persona e rapina. Il suo nome è legato all’attentato al dirigente dell’ufficio provinciale del collocamento di Roma Enzo Retrosi, nel 1981, e soprattutto al tentato sequestro del vicecapo della Digos della capitale Nicola Simone il giorno della Befana del 1982. Il tentativo fallì perché il poliziotto reagì colpendo uno dei componenti del commando e mettendo gli altri in fuga. Ala militarista delle Br, Di Marzio fu arrestato una prima volta a Parigi nel 1994, su richiesta dell’Italia, ma non fu mai estradato nonostante il parere favorevole della Corte d’Appello di Parigi perché il decreto non fu firmato dal governo. Da molti anni gestisce a Parigi con la moglie la taverna Baraonda, meta frequente per gli italiani e i molisani che visitano la capitale francese. A Trivento in molti ancora ricordano le sue nozze celebrate al confine con l’Italia.
ppm

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