Neuromed ha firmato il contratto per le prestazioni del 2019, la Regione ha liquidato all’Irccs quasi 19,5 milioni di euro: l’extrabudget di quella annualità relativo alle cure prestate ai pazienti non molisani. È la prima delle strutture sanitarie private a sottoscrivere un accordo rimasto nel limbo, perché la fissazione dei tetti di spesa (un decreto di Giustini del 2020 che tagliava il budget dell’anno precedente) è stata impugnata e poi annullata dalla giustizia amministrativa. Quando qualche mese fa nelle casse di via Genova sono arrivati i pagamenti delle altre Regioni, è cominciata l’interlocuzione con Roma che al presidente-commissario Donato Toma ha indicato di pagare previa firma dei contratti. In pratica, da tre anni le cliniche lavorano in regime di proroga di fatto ma senza una nuova convenzione formale.
La sentenza del Consiglio di Stato, confermando quella del Tar Molise, stabilisce che per le cure agli extraregionali e la cosiddetta “alta specialità” – vanno pagate senza se e senza ma –, mentre rispetto alle prestazioni “indifferibili e salvavita” i magistrati di Palazzo Spada affermano (come pure il Tar) che invece va innanzitutto messo un limite, che ad oggi non c’è. Per il Gemelli, per esempio, significa dover rinunciare a qualche milione di euro per la radioterapia.
È proprio questo distinguo che ha arroventato la vicenda. Perché alla firma del contratto da parte del Neuromed e alla successiva liquidazione non si è arrivati sereni e tranquilli. La lettura della determina del direttore della Programmazione finanziaria della dg Salute Michele Colitti spiega perché. Mentre era ancora in corso il giudizio di secondo grado, Toma e il sub Giacomo Papa adottano un decreto con lo schema di contratto da far sottoscrivere. La direzione Salute lo invia all’Irccs. Che risponde notificando il verdetto del Consiglio di Stato e diffidando, con numerose note di messa in mora, la Regione al pagamento immediato. Fino a che accetta di siglare l’accordo ma lo rinvia in via Genova con l’aggiunta di una riserva pesante. Ribadendo l’estrema difficoltà in cui si trova, un «momento di gravissimo pericolo, determinato dalla stessa Regione, per il mancato pagamento delle prestazioni erogate in favore del Sistema sanitario», la struttura si dice «costretta pur non condividendolo» a «sottoscrivere il presente contratto, con ciò senza rinuncia alle statuizioni ed ai conseguenti effetti della sentenza del Consiglio di Stato n.° 4372/2022 come pure della domanda pendente innanzi al Tribunale di Campobasso e quindi fatta salva ed impregiudicata ogni pretesa
dell’Istituto, diritto ed azione, anche in ordine ai contenziosi instaurati e instaurabili per gli esercizi 2019,
2020 e 2021». Postilla che nel contratto non c’era e che la Regione e la struttura commissariale non possono accettare. In base al parere chiesto all’Avvocatura distrettuale dello Stato, la riserva dell’Ircss di Pozzilli va considerata come mai apposta, come se non ci fosse. Così precisa Palazzo Vitale il 28 giugno nella firma del contratto, adempimento che per delega del commissario è toccato alla dg Salute Lolita Gallo: la riserva è ricusata. Formalità che non sono state affatto tali. Pur nel linguaggio tecnico del provvedimento di liquidazione dei 19,5 milioni, intervenuto il 30 giugno, si capisce benissimo che dietro si è combattuta una battaglia cruenta. Fatta di carte bollate e non solo.
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