Messaggi e disegni da tutto il mondo: «Guarisci presto». Da Gaza è arrivato un cuore ferito e curato con un cerotto. In ogni scuola cattolica oggi è previsto un momento di preghiera collettiva. Mentre papa Francesco, ricoverato da quasi due settimane al Gemelli – prognosi riservata e condizioni critiche ma il bollettino di ieri ha riaperto alla speranza «contro ogni speranza» invocata dal cappellano dell’ospedale –, autorizzava il Dicastero delle cause dei santi a promulgare alcuni decreti fra cui quello della beatificazione di Salvo D’Acquisto, la comunità cattolica e non solo è in ansia per lui.
La gravità della situazione è evidente, lo stesso Pontefice raccomanda ai medici di non omettere nulla. L’attenzione e gli occhi del mondo sono fissi sulla stanza al decimo piano del Gemelli.
Anche in Molise sono ore di apprensione e commozione. Quasi undici anni fa, luglio 2014, Bergoglio percorse le strade della regione più piccola e spesso dimenticata d’Italia. La sua amata periferia. Il legame è rimasto solido, non scalfito dal tempo. «In tutte le diocesi e nelle chiese si prega per lui, una vicinanza espressa in vario modo. Ovunque, nel silenzio, si prega per lui. Come in una famiglia», dice l’arcivescovo metropolita Biagio Colaianni. Venerdì 28, giornata dedicata alla preghiera per gli ammalati, in tutte le parrocchie dell’Arcidiocesi di Campobasso si celebrerà una messa per il Papa. Un afflato che restituisce «il senso del suo pontificato, tra la gente. Adesso, nel momento della malattia, c’è il “ritorno”, la gente condivide con lui. Il Papa si affida agli uomini e alla loro professionalità, i medici, e a Dio anche nella sofferenza. Non possiamo che prendere esempio», aggiunge.
Monsignor Colaianni, colpisce molto una cosa fra le altre. Il Papa non ha nessuna paura della morte. E non vuole che sia un tabu parlarne.
«È il segno di un Papa trasparente, nell’animo e nel cuore, ma anche nel governo della Chiesa. “La verità va gridata dai tetti”. E così il suo continuare a guidare la Chiesa va a dissipare ogni dubbio, le chiacchiere sulle dimissioni. Ci si interroga, certo. Lui è sereno nella sua sofferenza, dimostra coerenza e fa testimonianza. È un incoraggiamento per la nostra vita cristiana e allo stesso tempo la comunità dei fedeli sente vicinanza e appartenenza».
Nel suo cammino di pastore, cosa l’ha colpita di più di papa Francesco?
«Sono vescovo da un anno appena, mi sento “figlio” quindi in qualche modo. Del Santo Padre mi hanno colpito subito il volto disteso, sereno, l’umanità che comunica immediatamente. L’apertura, il parlare di ogni cosa, la fede e l’amore al signore. Per questo, sento anche dal punto di vista emozionale, la sofferenza che sta vivendo. Ci apparteniamo, in Cristo ci riconosciamo fratelli».
Il suo invito, monsignore, alla comunità della sua diocesi e molisana tutta in queste ore.
«Ascoltare le parole del Papa. Lui ha sempre insistito a chiedere: pregate per me e pregate per la pace. È stato l’unico a continuare a parlare di pace. Continuiamo a fare quello che ci ha sempre chiesto».

rita iacobucci

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