Non tornerà per ora al cimitero di Riccia, suo paese d’origine, il corpo della giudice Francesca Ercolini. Dopo la nuova autopsia eseguita sabato scorso presso il Policlinico Umberto I di Roma, la salma resterà a disposizione dell’autorità giudiziaria per consentire ulteriori accertamenti disposti dalla Procura dell’Aquila, che ha riaperto l’inchiesta sulla misteriosa morte della magistrata.
Ritrovata senza vita il 26 dicembre 2022 nella sua abitazione di viale Zara a Pesaro, il decesso della giudice fu inizialmente archiviato come suicidio. Ma le pressanti richieste della madre, Carmela Fusco, e le incongruenze emerse nella consulenza medico-legale della famiglia, hanno indotto la Procura abruzzese a ordinare la riesumazione del corpo e ad avviare una nuova fase investigativa.
A eseguire la seconda autopsia è stato il professor Vittorio Fineschi, luminare di medicina legale dell’Università “La Sapienza” di Roma, già noto per il suo ruolo in casi giudiziari di rilievo nazionale. Il suo è un incarico tecnico nell’ambito dell’incidente probatorio autorizzato dal gip del Tribunale dell’Aquila, Marco Billi. Accanto all’autopsia, tra gli accertamenti disposti figurano anche una Tac e ulteriori esami istologici, che dovranno stabilire con esattezza la presenza di eventuali lesioni e, in caso positivo, la loro natura e le possibili cause. Le prime risposte – spiegano fonti mediche – arriveranno non prima dell’autunno.
Nel frattempo, sempre su disposizione del procuratore dell’Aquila, Alberto Sgambati, i Carabinieri del RIS dovranno ricostruire la scena del decesso nell’appartamento dove la giudice fu trovata priva di vita. L’abitazione, tuttora sotto sequestro, sarà oggetto di una simulazione forense per verificare la compatibilità tra la dinamica ipotizzata nella prima fase delle indagini e i nuovi elementi raccolti.
L’inchiesta, che oggi coinvolge sei indagati, è tutt’altro che chiusa. Tra le persone iscritte nel registro figurano il marito della giudice, l’avvocato Lorenzo Ruggeri, il medico legale che effettuò la prima autopsia e quattro funzionari delle forze dell’ordine. Le ipotesi di reato sono gravi: si va dal depistaggio alla falsità ideologica, fino alla violazione del segreto istruttorio.
La riapertura delle indagini rappresenta un punto di svolta in un caso che ha sempre destato dubbi e interrogativi. Dubbi alimentati non solo da elementi tecnici, ma anche dalla figura stessa di Francesca Ercolini: una donna forte, stimata, presidente della Seconda sezione civile del Tribunale di Ancona, con una brillante carriera e una reputazione impeccabile. Chi la conosceva – colleghi, amici e familiari – non ha mai creduto fino in fondo all’ipotesi del gesto volontario. A sostenerlo con tenacia è soprattutto la madre, che ha rifiutato ogni sensazionalismo, chiedendo soltanto che sia fatta luce sulla morte della figlia.
Un contributo importante alla svolta nelle indagini è arrivato proprio dalla consulenza depositata dal legale della famiglia. Il documento redatto da un team di esperti ha evidenziato diverse anomalie nella prima autopsia, svolta in tempi brevi e con modalità oggi ritenute insufficienti. Tali rilievi hanno spinto la Procura a chiedere nuove verifiche e a condurre ulteriori perquisizioni e sequestri.
Il percorso verso la verità resta lungo e complesso, ma qualcosa si muove. Il dolore di una madre si è trasformato in una battaglia silenziosa e dignitosa, che oggi coinvolge anche lo Stato e la magistratura. L’obiettivo è uno solo: accertare, finalmente, che cosa accadde davvero nella casa di Pesaro il giorno di Santo Stefano 2022.
Nel frattempo, il corpo di Francesca Ercolini resta a Roma. Non tornerà – almeno per ora – nel silenzio del piccolo cimitero di Riccia. Non finché tutte le domande non avranno trovato una risposta.
ppm

























