Oltre 5 milioni di italiani si trovano in una condizione di povertà energetica, la metà vive è al Sud. Tra le situazione più critiche, c’è quella delle famiglie molisane che in base ai numeri forniti dalla Cgia di Mestre nel consueto report settimanale (dati 2023 Osservatorio italiano sulla povertà energetica, Oipe, e Istat), sono 23.362, il 17,6% (la media italiana è al 9%), composte da 50.560 persone. I numeri sono in aumento rispetto al 2022.
Nella graduatoria nazionale il Molise, a livello percentuale, si colloca al terzo posto dopo Calabria (19,1%) e Basilicata (17,8%). Le regioni meno interessate da questo fenomeno sono il Lazio (5,8% del totale delle famiglie), Friuli Venezia Giulia (5,6%) e, in particolare, Umbria e Marche, entrambe con il 4,9%.
Complessivamente, quindi, 5,3 milioni di persone che vivono in abitazioni poco salubri, scarsamente riscaldate d’inverno, poco raffrescate d’estate, con livelli di illuminazione scadenti e con un utilizzo molto contenuto dei principali elettrodomestici bianchi. I nuclei familiari più a rischio sono costituiti da un elevato numero di persone, che si trovano in condizioni di disagio economico e le abitazioni in cui vivono sono in cattivo stato di conservazione.
Conseguenza drammatica del caro bollette, la condizione delle famiglie italiane fa il paio con le ricadute sulle piccole imprese. Mettendo a confronto i costi energetici delle piccole con quelli delle grandi imprese, emerge infatti un differenziale “spaventoso” che penalizza le prime. Se per le bollette dell’energia elettrica gli artigiani, gli esercenti, i negozianti e i piccoli imprenditori pagano il 55% in più delle grandi industrie manifatturiere e/o commerciali, per quelle del gas addirittura il doppio, evidenzia l’Ufficio studi della Cgia. Con i prezzi di luce e gas che da tre anni a questa parte hanno subito degli aumenti importanti, continua la penalizzazione nei confronti delle realtà produttive di piccola e piccolissima dimensione che, ricordano dalla Cgia, quelle con meno di 20 addetti, ad esempio, costituiscono il 98% delle imprese presenti nel Paese. Anche in termini occupazionali giocano un ruolo da protagoniste; al netto dei dipendenti delle Amministrazioni pubbliche, infatti, danno lavoro al 60% circa degli addetti presenti in Italia. Comunque, il divario di costo tra grandi e piccole imprese è sempre esistito e questa situazione è presente anche negli altri Paesi europei. Tuttavia, a differenza dei nostri principali competitor commerciali d’Oltralpe, il peso delle piccole imprese italiane sull’economia nazionale non ha eguali. Pertanto, la penalizzazione delle nostre micro e piccole aziende è la più “insopportabile” d’Europa.
Nel 2024 le piccole aziende hanno pagato il gas mediamente 99,5 euro a Megawatt-ora (MWh) e le grandi 47,9 euro. Rispetto al 2022, quando il differenziale era del 33 per cento, negli anni a venire la forbice è tornata ad allargarsi, sebbene i prezzi della materia prima siano scesi. Resta inteso che anche negli anni che hanno preceduto l’inizio delle ostilità tra la Russia e l’Ucraina, il disallineamento era molto rilevante, ancorché il prezzo di mercato della materia prima fosse molto più basso di adesso (vedi Graf. 1). Rispetto ai nostri principali concorrenti commerciali, solo la Francia presenta un costo del gas, pari a 103,9 euro al MWh, superiore al nostro. Germania (95 euro) e soprattutto la Spagna (48,5 euro) beneficiano di costi inferiori. Per le nostre grandi imprese, invece, il confronto è meno impietoso; solo in Germania il costo del gas è superiore al nostro.
L’anno scorso l’energia elettrica è costata alle piccole aziende italiane 218,2 euro al MWh, contro i 140,4 euro al MWh che sono stati pagati dalle realtà più grandi. Come per il gas, negli ultimi anni anche le bollette della luce hanno visto aumentare la forbice tra grandi e piccole imprese. Nonostante i costi record, nel 2022 i prezzi erano allineati, successivamente il gap è continuato ad aumentare, così come era avvenuto prima dell’inizio della guerra nell’Est Europa. Nei confronti dei più importanti paesi europei, solo le piccole imprese della Germania pagano più delle nostre, mentre le grandi imprese italiane subiscono un prezzo pressoché uguale a quello tedesco, ma ben superiore ai costi subiti da tutti gli altri.

Commenta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*