La città è ferma. E non solo per il caldo di luglio. È ferma la politica, sospesa da settimane in un’attesa che si è trasformata – per molti – in un comodo alibi: il ricorso elettorale presentato da Aldo De Benedittis contro l’elezione della sindaca Marialuisa Forte è diventato il pretesto perfetto per non prendere decisioni. Ma il tempo sta per scadere: mercoledì 16 luglio il Tar del Molise si esprimerà definitivamente sull’esito delle comunali 2024.
Eppure, i numeri emersi dalle verifiche eseguite presso la Prefettura parlano chiaro: nessuna anomalia sostanziale, solo discrepanze formali che non incidono in modo determinante sull’esito del voto. Secondo i legali della Forte, anche ammettendo tutti gli errori a vantaggio di De Benedittis, lo scarto necessario per ribaltare l’elezione sarebbe comunque irraggiungibile. Insomma, salvo colpi di scena giuridici, la sentenza non dovrebbe cambiare l’attuale assetto amministrativo.
E allora, perché continuare a tirare a campare? È questo l’interrogativo che aleggia nei corridoi di Palazzo San Giorgio e tra gli addetti ai lavori. La sindaca Forte, sostenuta dal campo progressista, ha vinto al ballottaggio con circa 600 voti di scarto, nonostante al primo turno le liste del centrodestra avessero superato il 50% dei voti. A cambiare le carte in tavola è stato l’accordo siglato (ufficialmente con lei, ufficiosamente con l’ex senatore Roberto Ruta) con l’avvocato Pino Ruta, escluso dal secondo turno ma che ha contribuito alla vittoria della Forte.
Grazie a quell’intesa, alcuni posti in giunta sono andati a esponenti vicini a Ruta. Ma proprio la sua rottura con la sindaca a fine maggio ha provocato l’attuale crisi politica: senza l’appoggio del suo gruppo, la Forte non ha più la maggioranza in Consiglio comunale. Eppure, il centrodestra non ha colto l’occasione per sferrare il colpo definitivo. Perché?
Aldo De Benedittis, che dopo il ballottaggio si era detto disponibile a dimissioni contestuali di tutta l’opposizione per far cadere l’amministrazione, è rimasto isolato. Tra i consiglieri del centrodestra, infatti, serpeggiano dubbi e reticenze. Alcuni temono di non essere rieletti in caso di nuove elezioni. Altri – e lo dicono senza troppi giri di parole, ma sempre “a microfoni spenti” – non vogliono rinunciare ai gettoni di presenza che, se sommati su base mensile, possono superare i 2mila euro netti.
Intanto, anche Fratelli d’Italia – con il braccio destro di Giorgia Meloni, Giovanni Donzelli, in visita a Campobasso – ha lanciato segnali chiari: «Siamo pronti ad andare dal notaio e riportare la città al voto». Ma ha subito aggiunto che si attende “l’esito burocratico” del ricorso. Una formula ambigua, che sembra più che altro giustificare l’inazione.
Il punto è che, anche in caso di verdetto favorevole alla Forte, la sindaca potrà restare in carica senza maggioranza, finché non sarà sfiduciata o non verrà bocciato il bilancio. E se così fosse, la palla tornerebbe in mano ai consiglieri. Che però continuano a non decidere. Alcuni dicono che un commissario prefettizio sarebbe un male per la città, dimenticando che la differenza tra dieci mesi e un anno di commissariamento è praticamente nulla, considerando che la crisi è conclamata da maggio.
In questo scenario surreale, si rischia di trascinare l’immobilismo fino a dopo l’estate, aspettando il prossimo pretesto. Il rischio? Che il futuro di Campobasso venga deciso più da calcoli personali che da una reale volontà di governare o di opporsi.
E allora, la domanda resta: chi deve decidere il destino della città? I partiti romani? I consiglieri locali? I cittadini che hanno votato? Il 16 luglio segnerà una tappa, ma forse non sarà la fine dell’impasse. E in fondo, come diceva un noto giornalista in un audio che anni fa ha fatto il giro dei social: «E a che porta su discors?».
Appunto.
LuCo