Non si è fatta attendere la replica di alcuni allevatori iscritti alla Cia (Confederazione Italiana Agricoltori), in particolare Silvano Santilli e Francesco Zero, alle recenti dichiarazioni del direttore regionale di Coldiretti Molise, Aniello Ascolese. L’intervento di Coldiretti, che chiedeva urgenti sostegni per le aziende zootecniche dei comuni di Montenero Val Cocchiara e Pizzone colpite da un focolaio di tubercolosi bovina, ha infatti suscitato non poche perplessità tra chi, da anni, si adopera per il rispetto delle regole del settore.
Nel mirino della replica, in particolare, la richiesta di Ascolese all’assessore regionale all’Agricoltura, Salvatore Micone, di accelerare la liquidazione del contributo da 200mila euro, definito «utile allo smaltimento del letame e all’acquisto dei foraggi». Secondo Santilli e Zero, si tratterebbe di una ricostruzione imprecisa: «Il contributo – precisano – è stato stanziato grazie all’impegno del consigliere regionale Angelo Primiani e non per lo smaltimento del letame, bensì come ristoro dei danni subiti a causa della tubercolosi bovina».
Ma la questione si allarga ben oltre l’aspetto economico. I due allevatori pongono l’accento sulle responsabilità di lungo corso: «Da 25 anni alcune aziende non si sono adeguate alle normative di settore, pur percependo fondi pubblici che richiedevano esplicitamente tali requisiti. Coldiretti – è la critica – ha continuato a sostenere anche realtà che, a nostro avviso, hanno ricevuto contributi senza possedere le condizioni necessarie». Da qui la netta opposizione alla richiesta, contenuta nella stessa nota di Ascolese, di accelerare anche la pubblicazione del bando per gli investimenti strutturali: «Non è accettabile che si trasformi una situazione di emergenza in un’occasione per ottenere ulteriori finanziamenti pubblici senza una reale verifica delle condizioni operative».
Un altro passaggio critico riguarda le prescrizioni veterinarie e il divieto di pascolo fino a ottobre, che – secondo Coldiretti – starebbero arrecando «danni irreparabili» alle aziende. Santilli e Zero replicano che diversi allevatori avrebbero invece violato il divieto e il sequestro sanitario, lasciando liberi gli animali con il rischio concreto di nuovi contagi. «Non si può tacere – aggiungono – che proprio nei giorni scorsi è stato individuato un nuovo focolaio di tubercolosi nel territorio di Acquaviva d’Isernia».
I firmatari sottolineano la necessità di distinguere tra chi ha sempre rispettato la legge e chi, invece, ha operato con superficialità o addirittura in violazione delle normative. «Non vogliamo colpevolizzare l’intera categoria – affermano – ma è fondamentale che i fondi pubblici vadano a chi ha dimostrato correttezza e senso di responsabilità. Non è giusto premiare chi ha gestito male la propria attività e ora invoca aiuti senza mettersi in regola».
Infine, i due allevatori sollevano dubbi anche sulla rappresentazione data da Coldiretti delle condizioni aziendali: «Siamo certi che la mancata realizzazione degli adeguamenti sia dovuta alla “detenzione” degli animali in stalla? O, piuttosto, a una volontà che manca da decenni?», si chiedono. E concludono con un appello: «È tempo che le associazioni di categoria facciano davvero gli interessi di tutti gli allevatori, sostenendo chi opera nel rispetto della legalità, anziché difendere a oltranza situazioni difficilmente giustificabili».

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