Solo la scienza sa spiegare la morte come la religione. Punti di partenza e di arrivo opposti, opposte le motivazioni. Ma: c’è un inizio e una fine, dice convinto l’uomo di scienza. E lo asserisce, serafico per la prospettiva dell’aldilà, l’uomo di fede. Vale, allora e per tutti, l’impronta che si lascia in vita.

Giovanni Capobianco era sicuramente un uomo di scienza (e di fede) che non ha mai smesso di indagare e interrogarsi su tutto. L’ultimo editoriale a sua firma pubblicato da Primo Piano, poco più di un mese fa, era dedicato a Leone XIV, pontifex ac mathematicus.

Matematico, docente, al dipartimento di Bioscienze di Unimol, di Calcolo numerico e Matematica per l’informatica e la statistica (una testa piena di numeri capace di leggere la realtà con lucidità immediata e fulminante), combatteva da tempo contro un male violento e aggressivo. La sconfitta nell’ultima battaglia è arrivata, pur in un quadro complicato, quasi inaspettata in ospedale a Isernia la notte fra venerdì e sabato.

Un’onda di commozione e incredulità, appena appresa la notizia, ha attraversato le sue tante, diverse, comunità. Quelle che il manifesto funebre voluto dalla famiglia mette giustamente insieme, una accanto all’altra: famiglia appunto, università, parrocchia. L’ultimo saluto alle 16.30 di oggi nella Cattedrale di Venafro.

Amato dagli studenti, rispettato dai colleghi, schietto, mai compiacente, spesso ironico e dissacrante. Lui amava la matematica e il Molise (che aveva descritto in numeri nel suo godibilissimo “Che c’azzecca”). Terra di cui non rinunciava a immaginare un futuro diverso e migliore. Per questo ne denunciava i difetti.

Altra passione di famiglia, la pallacanestro, condivisa soprattutto col fratello Andrea, il coach che ha portato l’Italbasket femminile sul tetto d’Europa. Tra i primi messaggi di cordoglio, ieri mattina, quello della Fip: «Il presidente Petrucci, a titolo personale e a nome di tutta la Federazione italiana Pallacanestro, è vicino ad Andrea e ne condivide affettuosamente il dolore».

Giovanni, per tutti Gianni, Capobianco è stato un educatore nel senso antico del termine. Custode inflessibile del ruolo del professore. Indipendente, ma strenuo difensore della sua accademia. Quando l’anno scorso il consigliere regionale del Pd Facciolla rese pubblico il suo “no grazie” all’invito per l’inaugurazione dell’anno accademico che vedeva ospite il ministro dell’Interno Piantedosi, non ci pensò su troppo. Ci “scrisse su” invece, una delle sue preziose riflessioni consegnate a Primo Piano (a cui Facciolla replicò riconoscendo il valore di un dibattito sano). Unica difesa pubblica non della scelta di merito (Piantedosi) bensì dell’ateneo e di quello che vale per il Molise. A prescindere da qualsiasi “ospite d’onore”.

Delegato all’orientamento con Palmieri, il nuovo rettore Giuseppe Vanoli lo aveva appena nominato consigliere per l’analisi e il monitoraggio delle carriere professionali post diploma e post laurea proprio per l’idea che Capobianco aveva del ruolo di Unimol nello sviluppo del territorio. «Giovanni Capobianco è stato una figura centrale del Dipartimento di Bioscienze e Territorio, ha dedicato con instancabile passione e competenza la sua vita all’insegnamento e alla ricerca, ha contribuito in modo rilevante alla crescita dell’Università del Molise e alla sua valorizzazione scientifica nazionale e internazionale – il ricordo che l’ateneo ne ha tratteggiato ieri – Gli studenti e le studentesse, i colleghi e le colleghe ne sapranno ricevere, custodire e sviluppare l’eredità intellettuale».

rita iacobucci

 

Commenta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*