L’epidemia colposa può essere provocata anche da comportamenti omissivi, quali la mancata distribuzione di dispositivi di protezione al personale ospedaliero o la mancata formazione del personale che deve trattare il contenimento della diffusione dei germi.
Lo hanno stabilito le Sezioni unite penali della Cassazione, intervenendo su un tema assai delicato.
Davanti alla Suprema Corte il caso è stato portato dal procuratore di Sassari che ha proposto ricorso contro l’assoluzione del delegato alla sicurezza dell’ospedale di Alghero, dove nelle prime settimane dell’emergenza Covid – tra marzo e aprile del 2020 – si era diffusa
un’epidemia da Covid provocata, secondo l’accusa, dalla mancata distribuzione di dispositivi di protezione per i lavoratori e dalla totale inconsapevolezza («mancanza di formazione») delle misure di prevenzione e di contrasto del virus.
«Avevamo ragione e agiremo di conseguenza – ha commentato l’avvocato Vincenzo Iacovino che ha difeso insieme ad altri colleghi il Comitato molisano vittime Covid – Ora chiederemo alla Procura la riapertura del fascicolo penale perché si rivaluti il caso anche alla luce della decisione delle Sezioni unite a cui le Procure e i giudici si dovranno conformare».
Iacovino ricorda poi che il Comitato ha denunciato diverse condotte, Fra queste, il mancato adeguamento dell’impianto di ossigeno; il mancato adeguamento dei posti letto e del personale ai reparti di terapia intensiva e di malattie infettive nonostante il ricovero esponenziale di persone infette da Covid; la mancata formazione e dotazione del personale; la mancata realizzazione del centro Covid a tutt’oggi; il mancato rispetto, da parte di alcuni dirigenti Asrem, dei protocolli sanitari di prevenzione Covid peraltro accertato e verbalizzato da apposita commissione.
Inoltre, anche numerosi medici all’epoca hanno segnalato violazioni di protocolli e mancanza di provvedimenti organizzativi, «al punto da contagiarsi, salvo poi rifugiarsi nel silenzio. Addirittura, i pazienti sospetti Covid, che accedevano al Pronto soccorso del Cardarelli (diventato inopportunamente ospedale Covid) – riassume l’avvocato – venivano dirottati ai reparti con il semplice tampone rapido. Anziché attendere l’esito del tampone molecolare in zona grigia, i pazienti entravano in reparto dove si scopriva, all’esito del tampone, che i pazienti erano positivi al Covid. Alcuni pazienti, ignari della loro positività, dopo aver avuto accesso al reparto, hanno addirittura abbandonato, tranquillamente, l’ospedale per poi infettare familiari e tante altre persone.
Grazie a queste condotte irresponsabili vi è stata una conclamata diffusione colposa del Covid al Cardarelli e negli ambienti esterni – rileva ancora una volta Iacovino – Peccato che la Procura e il Gip del Tribunale di Campobasso abbiano aderito all’orientamento oggi superato dalle Sezioni unite della Cassazione che puniscono, per un caso praticamente sovrapponibile, la pandemia colposa anche se provocata da condotte omissive».
Il Comitato dunque chiederà di riaprire il fascicolo d’indagine. «E saremo sempre presenti come parte civile affinché la verità sia accettata con le dovute responsabilità di chi non ha fatto il proprio dovere. Andremo avanti penalmente e civilmente – conclude il legale – Lo dobbiamo alle tante vittime (in Molise 800, ndr)».
























