Cresce l’occupazione nel settore del turismo. Il rovescio della medaglia è che però le aziende del comparto faticano molto, troppo, a reperire i profili ricercati per le assunzioni. E nel Molise si registra quasi il 67% di “irreperibilità”.
È la percentuale più elevata nel dossier dedicato realizzato dalla Fondazione Studi dei Consulenti del lavoro basata su dati Istat.
Nel 2024, si legge nel report dal titolo “L’occupazione nel turismo, tra opportunità e limiti di crescita”, il turismo ha continuato a creare occupazione, superando il milione e mezzo di addetti (+2,1% rispetto al 2023 e +21,5% rispetto al 2014).
Ma dietro questi numeri record si nasconde un paradosso: mai così tanti lavoratori introvabili. Rispetto al 2019, quando i profili mancanti erano 210mila (24,6%) il numero delle assunzioni di difficile reperimento si è triplicato, toccando quota 604 mila (51,8%). Secondo l’analisi della Fondazione Studi consulenti del lavoro, le imprese faticano soprattutto a trovare cuochi, pasticcieri, gelatai e camerieri. Un’emergenza silenziosa che rischia di inceppare il motore di uno dei comparti chiave dell’economia nazionale. Se, da un lato, il settore si consolida e vede aumentare soprattutto il lavoro dipendente (9% in cinque anni) nelle aree del Centro Italia così come nel Mezzogiorno, dall’altro continua a scontare difficoltà crescenti nell’intercettare i profili richiesti.
A mancare all’appello sono soprattutto cuochi (irreperibili nel 61,7% dei casi), pasticcieri e gelatai (59,8%), camerieri (54,7%), baristi (50,6%) e, ancora di più, i tecnici della produzione e preparazione alimentare (76,4%).
La difficoltà riguarda in modo particolare le regioni che negli ultimi anni hanno assistito a una crescita del fabbisogno di figure per il comparto della ricettività e della ristorazione: è il caso, ad esempio, di Sicilia, Calabria e Sardegna. Ma le regioni dove si registra più affanno sono nel Centro Nord: dopo il Molise (66,6% dei profili giudicati irreperibili dalle aziende), spiccano Umbria (61,1%), Trentino Alto Adige (58,4%), Lazio (58,1%), Piemonte e Valle d’Aosta (55,7%).
A pesare sul comparto, evidenzia ancora l’analisi dei Consulenti del lavoro, sono fattori strutturali: l’assenza sistemica di percorsi formativi idonei che producano personale qualificato in misura adeguata alle richieste, stagionalità e intensità del lavoro. In questa situazione, tuttavia, si intravedono dei segnali positivi: negli ultimi anni è cresciuta, infatti, la domanda di lavoratori con qualifica di formazione professionale, la cui incidenza sul totale delle assunzioni previste è passata dal 43,2% del 2019 al 51,7% del 2024. Piccolo segnale di un’evoluzione in corso anche se ancora molto lenta.
«Il turismo rappresenta un volano per l’economia del nostro Paese, ma non possiamo ignorare l’altra faccia della medaglia: la difficoltà crescente nel trovare lavoratori qualificati rischia di trasformarsi in un’emergenza strutturale che mette a rischio lo sviluppo futuro del comparto e l’andamento positivo dell’occupazione. Oggi più che mai è fondamentale vincere la sfida del reperimento delle competenze investendo nella formazione mirata, soprattutto aumentando gli Its», ha dichiarato il presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro, Rosario De Luca.

























