Alle dieci del mattino circa cento fedeli si radunano sul sagrato della chiesa di Santo Stefano. Aspettano il messo inviato dalla curia per notificare l’allontanamento dalla parrocchia di Don Ciro Scala, l’amato sacerdote di Castel San Vincenzo che il vescovo Visco, per ragioni ignote, ha deciso di sollevare dall’incarico. Don Armando, decano dei sacerdoti della diocesi di Isernia-Venafro si presenta con la notifica celata in una cartellina. In un attimo si scatena il putiferio: Don Ciro viene condotto all’interno del bar che si affaccia sulla piazza del paese. Don Armando, intanto, dopo aver affrontato la folla, entra a fatica in sacrestia e decide di attendere l’evoluzione degli eventi. Entra in scena il sindaco di Castel San Vicenzo, Di Cicco, che intraprende un difficile lavoro di mediazione contattando telefonicamente Visco. Intanto il maresciallo Corvaglia prova ad indurre a più miti consigli gli animi più esagitati. La mattinata è convulsa. Di Cicco, dopo il colloquio col vescovo, spiega a don Ciro che, qualora decidesse di non firmare la notifica, non potrebbe difendersi nelle sedi preposte. A questo punto il giovane sacerdote campano raggiunge Don Armando in sacrestia. Inizia un duro faccia a faccia tra i due ecclesiastici alla presenza del comandante di stazione e del primo cittadino. Verso le 13 Don Armando riparte senza rilasciare dichiarazioni. Don Ciro Scala ha controfirmato la notifica col suo allontanamento da Castel San Vincenzo e già nelle prossime ore sarà in Vaticano per preparare il ricorso. In sacrestia è una lenta ed inesorabile processione di fedeli in lacrime che salutano il sacerdote campano forse per l’ultima volta. Al posto di Don Ciro è stato inviato a Castel San Vincenzo il parroco di Pizzone, in attesa della nomina del nuovo sacerdote. I cittadini, però, promettono di disertare le funzioni religiose ufficiali ed hanno già annullato i festeggiamenti in onore del patrono, San Martino.


























