Non accenna a placarsi la polemica esplosa all’interno del Consorzio per lo Sviluppo industriale di Campobasso-Bojano.
Alla nota del presidente Carletto Di Paola, che ha accusato di strumentalizzazione la capogruppo del Pd Micaela Fanelli (firmataria insieme ai colleghi consiglieri regionali dem Alessandra Salvatore e Vittorino Facciolla di un’interpellanza che sollecita un’ispezione sull’ente da parte della Regione) e respinto come infondate le critiche di colleghi amministratori componenti del Comitato direttivo del Consorzio, replicano i diretti interessati. Vale a dire i sindaci (o delegati) che con una loro denuncia hanno fornito al Pd lo strumento per avviare l’iniziativa di sindacato ispettivo a Palazzo D’Aimmo.
Si tratta dei rappresentanti di quattro Comuni consorziati: Casalciprano (Eliseo Castelli – sindaco), Campochiaro (Simona Valente – sindaco), San Polo Matese (Tonino Spina – sindaco) e Bojano (Remo Perrella – consigliere delegato del Comune di Bojano). I quattro amministratori ritengono doverose alcune precisazioni «a tutela del proprio ruolo istituzionale e dell’interesse pubblico che rappresentano».
«Le dichiarazioni del presidente (pubblicate ieri su queste colonne, ndr) travisano il contenuto della nostra nota ufficiale del 28 luglio 2025 – esordiscono – e contengono affermazioni che, per toni e contenuti, risultano lesive della nostra azione e della dignità delle cariche da noi ricoperte. Non possiamo accettare che una legittima richiesta di trasparenza e rispetto delle regole venga definita “strumentale” o “politicamente motivata”, quando si fonda unicamente sull’obbligo, imposto dal nostro ruolo, di vigilare sulla gestione di un Ente pubblico. Le criticità riscontrate nella gestione del Consorzio – confermano quindi – sono ben documentate: richieste formali rimaste prive di riscontro, documentazione contabile incompleta, delibere adottate in mancanza del quorum statutario e un clima di chiusura che ostacola il regolare esercizio delle funzioni del Comitato direttivo.
Ribadiamo la richiesta di dimissioni già avanzata con nota congiunta del 28 luglio, ritenendo che le modalità di conduzione dell’Ente da parte del presidente abbiano compromesso il confronto istituzionale, che non può essere sostituito da comunicati stampa o da contrapposizioni sui media.
Tale richiesta nasce dalla necessità di restituire al Comitato direttivo e al Consiglio Generale la possibilità di esercitare le proprie prerogative in modo pieno e legittimo, interrompendo una deriva decisionale accentrata, nella quale il presidente – invocando poteri sostitutivi d’urgenza – opera mediante determine unilaterali, eludendo sistematicamente il confronto con gli organi collegiali. Un simile comportamento non solo altera l’equilibrio istituzionale, ma svilisce il ruolo degli Enti soci e aggrava la crisi di fiducia interna già conclamata».
Proseguono poi con un elenco di fatti: «I bilanci, pur depositati, non sono stati messi integralmente a disposizione del Comitato direttivo, impedendo qualsiasi attività di controllo effettiva, nonostante le responsabilità attribuite dallo Statuto ai suoi membri. La nostra posizione non è ostruzionistica, né dettata da calcoli politici: rivendichiamo semplicemente il diritto, e il dovere, di partecipare in modo consapevole alle decisioni dell’Ente, nell’interesse delle nostre comunità e del rilancio dell’area industriale. Concludendo, rinnoviamo l’appello al presidente Di Paola affinché prenda atto della crisi istituzionale in atto e compia un gesto di responsabilità. Chi accusa gli altri di ostruzionismo, mentre continua a gestire in solitaria un organo collegiale privo di maggioranza, tradisce lo stesso principio di legalità che invoca. In un sistema democratico maturo, quando si prende atto di non avere più il consenso necessario, è doveroso rimettere il proprio mandato, per il bene degli Enti, del Consorzio e per il bene delle imprese», concludono Castelli, Valente, Spina e Perrella.

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