È vero, come ha detto il rettore Giuseppe Vanoli, che ognuno di noi nella vita cerca una traccia. Magari una che sappia dare un senso alle tante cose che l’intelligenza da sola non sa spiegare. È vero che Giovanni, Gianni, Capobianco ha lasciato la sua impronta in chiunque lo abbia incrociato nella propria esistenza: per pochi minuti, qualche mese o diversi anni. Non è affatto da tutti. 
Come non è usuale entrare in un’aula universitaria per una cerimonia così tanto accademica – l’intitolazione a un docente molto amato dell’aula in cui ha tenuto a lungo lezione, il «suo posto» – e fotografare con gli occhi e la sensibilità del cronista, ebbene sì anche i cronisti ce l’hanno, lacrime tristi per la mancanza del matematico con la passione per il Molise, scomparso troppo presto a fine luglio, e sorrisi un po’ beffardi nel ripensarlo bocciare per 17 volte uno studente che poi però gli ha chiesto la tesi.
Occhi lucidi perfino per il serioso decano, il prof Musci, al termine della mattinata, dopo la splendida esibizione al sax della studentessa Giada Cancelliere. La sapresti suonare la canzone dei Dire Straits che ha l’assolo di sassofono? Le chiese una volta Capobianco. Figurarsi se non ricordava il titolo di un brano. Ne ha citati così tanti negli editoriali gentilmente offerti a Primo Piano e attraverso queste colonne alla comunità di una regione che amava tanto da incalzarla e spronarla senza tregua… Your latest trick, prof? Quella. E quella sia. L’applauso, tutti in piedi, è per Giada e il suo “gruppo” che hanno mantenuto la promessa. È per il prof Capobianco, per il lascito a cui tutti si aggrappano con facilità per vincere il dolore della perdita. Perché, come una traccia perfettamente segnata, quel testamento è lì, a portata di mano.
Tutti, ha detto commossa la direttrice del Dipartimento di Bioscienze Stefania Scippa (da giugno prorettrice vicaria dell’ateneo), ancora vedono Gianni in quei corridoi. Nell’open space luminoso che rende la sede un campus americano con vista su Pesche, che letteralmente si arrampica su una delle alture più suggestive del Molise. Gianni è ancora lì circondato dall’affetto di allievi e colleghi come il giorno della presentazione del suo libro, “Che c’azzecca?” quando – ha proseguito con voce rotta la prorettrice – guardò l’aula piena e… «mi state facendo una carezza».
Ha combattuto tanto contro la malattia e ha avuto momenti di scoramento, l’insegnamento è stato un motore fondamentale per lui. Nel primo giorno di lezione del nuovo anno, Unimol gli ha reso omaggio chiamando la “sua” aula col “suo” nome e intitolandogli anche il “Museo delle Macchine del Calcolo” a cui stava lavorando insieme ad altri colleghi e di cui da ieri è stato poggiato un primo, piccolo, “mattoncino”.
Docenti e studenti diventati poi collaboratori, alla fine tutti come familiari, hanno disegnato il ritratto di “Gio.Ca.”, così amava firmarsi. Sincero e senza filtri, ruvido. Testardo che però sapeva ascoltare e quindi anche cambiare idea, sulle persone e sulle cose. Credente.
Non solo per la benedizione, ma per un cammino umano e cristiano condiviso, la presenza di don Salvatore Rinaldi. Riferimento per la sua famiglia. In prima fila la madre, la moglie Lucia e i loro ragazzi, il fratello Andrea, coach dell’Italbasket, i nipoti. Pregiatissimo esponente del mondo accademico, della comunità scientifica e intellettuale – chi dice che gli scienziati non lo siano? – che al Molise mancherà terribilmente.
Un omaggio sentito, di getto, quello dell’Università. Così lontano dalle cerimonie “istituzionali” che mediano emozioni e metabolizzano, fino a volte a scolorirle, motivazioni. Arrivato, non a caso, appena due mesi dopo la sua morte.
Un giorno di festa in mezzo a tutti gli altri che da luglio senza di lui sono tristi, l’invito del rettore Vanoli aprendo l’incontro ieri mattina. Non una commemorazione, ma un ricordo e un racconto personale. E così è stato per tutti gli altri interventi dopo quelli del capo dell’Unimol.
Non è inedito il ricordo personale di Vanoli: con Capobianco, aveva detto già a Campobasso a maggio in occasione della presentazione del volume del prof nella Biblioteca d’Ateneo, un rapporto sempre schietto. Un confronto vero e mai di maniera. Ma, ha svelato, è a lui che si deve il suggerimento dell’inaugurazione dell’anno accademico al Teatro Savoia. Per ora una traccia di lavoro, che il matematico appassionato del Molise ha offerto all’ingegnere che punta a radicare l’Università in questo territorio. Gianni ha dimostrato così di aver indovinato, o individuato (termine più rigoroso come si conviene per un matematico), l’indole del nuovo rettore prima ancora che l’approccio alla governance dell’ateneo. E non è affatto da tutti. rita iacobucci
























