Il percorso diagnostico terapeutico per la Sclerosi laterale amiotrofica in Molise c’è, addirittura dal 2017. La cooperativa che gestisce per Asrem l’assistenza domiciliare è, naturalmente, autorizzata a questa attività dalla struttura commissariale. Sulla carta, tutto a posto. Nella realtà familiari e caregiver subiscono un carico imponente – chiunque abbia a che fare con la Sla sa di cosa stiamo parlando – perché nella “presa in carico” da parte della Asl qualcosa non funziona.
Lo racconta Marilena, figlia e caregiver di un paziente affetto da Sla. Ma il problema riguarda numerose famiglie che in Molise affrontano questa e altre malattie simili nella gravità e nella necessità di assistenza continua e qualificata.
La Regione e l’Asrem realizzano la presa in carico del paziente, e della famiglia, con una serie di misure a supporto, tra queste c’è l’assistenza domiciliare realizzata attraverso infermieri, operatori sociosanitari, fisioterapisti. La domiciliare è stata affidata con un bando dell’azienda sanitaria alla cooperativa Css, che la realizza attraverso la sua società Home Care Molise. Il servizio è «pagato fior di quattrini» ma le cose funzionano molto male, denuncia Marilena. «Continui turnover, personale preso dalle Università e “sbattuto” a casa nostra senza formazione o informazione specifica. Zero controllo. Alle continue richieste d’aiuto e di intervento avanzate da noi familiari all’Asrem, vengono sempre state date risposte vaghe, promesse deluse. Sono anni che lottiamo senza risultati», il suo sfogo.
All’ennesima richiesta di intervento, la donna si è vista rispondere dall’Azienda sanitaria che, sì, le lamentele delle famiglie sono state prese in considerazione e che per questo è in fase di organizzazione un incontro con i rappresentanti delle coop Home Care Molise per ridurre il turnover di questi professionisti. Ma al di sotto di un certo tasso non si riuscirà ad andare, il consiglio quindi agli utenti è di affiancare alla domiciliare garantita dal Servizio sanitario regionale altro tipo di assistenza. In pratica, alle famiglie l’onere di provvedere. «Di fatto mi è stato risposto: trovati un’altra soluzione da sola», ancora le parole della donna. Che conclude: non c’è alcun tipo di attenzione al benessere né del paziente né del familiare caregiver.

Commenta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*