Anche quest’anno, in Molise l’impresa è rosa. I dati al 30 settembre 2025 analizzati e commentati dalla Cgia di Mestre nel consueto dossier settimanale, infatti, vedono la regione in testa alla classifica delle realtà produttive femminili: rappresentano il 27,7% del totale. In numeri assoluti sono 8.110 su 29.271. Seguono Basilicata (27,3%9 e Abruzzo (25,9).
Più complessivamente la ripartizione con il numero più alto di imprese rosa è il Mezzogiorno che, al 30 settembre di quest’anno, ne contava 415.242. Seguono il Nordovest con 280.121, il Centro con 245.165 e il Nordest con 209.602. Se, invece, si calcola l’incidenza delle imprese femminili sul totale imprese è sempre il Sud a segnare la quota più elevata: precisamente il 24,3%. A livello regionale, il più alto numero di attività guidate da donne è in Lombardia (162.190). Seguono la Campania con 119.137 e il Lazio con 112.200.
Il numero di donne imprenditrici presenti in Italia è il più elevato dell’Ue a 27. Nel 2024 la platea delle partite Iva in capo alle donne presenti nel nostro Paese ha toccato la soglia di 1.621.800 unità (il 16% del totale donne occupate in Italia). Seguono la Francia con 1.531.700 (10,8%), la Germania con 1.222.300 (6,1%) e la Spagna con 1.136.000 (11,3).
In Italia la crescita delle imprese guidate da donne è proseguita anche nei primi nove mesi di quest’anno: nella media dei primi tre trimestri del 2025 lo stock è stato di 1.678.500 unità (+ 2,7% rispetto allo stesso periodo del 2024). Sebbene in termini assoluti le donne imprenditrici siano meno della metà dei colleghi uomini, la variazione percentuale registrata nel 2025 è più che doppia rispetto al dato riferito all’imprenditoria maschile (+1,1).
Il 71% delle imprese femminili si occupa di servizi. Il settore con il maggior numero di aziende capitanate da una imprenditrice è il commercio: 288.411 attività. Seguono l’agricoltura con 186.781, gli altri servizi (quali parrucchiere, estetiste, tatuatrici, massaggiatrici, pulitintolavanderie) con 136.173, e l’alloggio/ristorazione con 120.744.
L’Italia però fa registrare anche un basso tasso di occupazione femminile e numerosi studi a livello internazionale dimostrano come l’imprenditoria femminile possa rappresentare proprio una chiave per incrementarlo. Le donne che fanno impresa, infatti, tendono ad assumere altre donne in misura significativamente maggiore rispetto ai loro colleghi maschi.
Ma cosa spinge le donne a intraprendere un percorso imprenditoriali? Due i fattori principali. Il primo – spiegano gli esperti dell’Ufficio studi della Cgia – è strutturale e correlato alla condizione socio-economica: situazioni di disoccupazione, tradizioni familiari o la presenza di incentivi economici inducono a considerare l’imprenditorialità come necessità. Il secondo fattore è motivazionale e ha a anche fare con ragioni intrinseche che spingono le donne ad abbracciare questa opportunità. Un aspetto che sembra avere a che fare con la sensibilità femminile. Grazie all’autoimprenditorialità, le donne possono gestire con maggiore flessibilità gli impegni lavorativi insieme a quelli familiari. Inoltre, coloro che si trovano in condizioni di inattività a causa della nascita di un figlio incontrano notevoli difficoltà nel reinserirsi nel mercato del lavoro. L’autoimpiego si è affermato come uno degli strumenti più efficaci per riconquistare protagonismo nella propria vita professionale e realizzare i propri obiettivi e aspirazioni nella speranza di ottenere risultati economici gratificanti e una maggiore indipendenza.

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