Non è il consueto bilancio di fine anno, ma un atto d’accusa lucido e senza sconti quello che arriva da Confindustria Molise. La relazione del presidente Mauro Natale, presentata all’ultima giunta dell’associazione, fotografa un Molise fragile, esposto e privo di una strategia capace di reggere l’urto delle crisi che si stanno sommando: industriale, energetica, infrastrutturale e sanitaria.
Il rischio evocato non è astratto: desertificazione industriale. Un’espressione che pesa come un macigno e che affonda le radici in tre emergenze ormai non più rinviabili: costo dell’energia, semplificazione amministrativa e transizione ambientale.
Sul fronte energetico il confronto con l’Europa è impietoso. I dati analizzati da Confindustria parlano chiaro: a parità di consumi, le imprese italiane pagano fino a tre volte più della Spagna e quasi il doppio della Francia. Un divario che, senza interventi strutturali, rende velleitaria qualsiasi ambizione di competitività. Per le aziende molisane, spesso già sottodimensionate e lontane dai grandi hub logistici, il caro-energia è un moltiplicatore di svantaggi.
A questo si aggiunge una giungla normativa che rallenta tutto: autorizzazioni, impianti, nuovi prodotti. Procedure che si accavallano tra Stato e Regioni e finiscono per tenere le imprese fuori mercato, scoraggiando investimenti e rendendo il Paese sempre meno attrattivo. La richiesta è netta: norme chiare, tempi certi, strumenti che accompagnino lo sviluppo invece di soffocarlo.
Il capitolo più delicato è quello dell’automotive, reduce da un annus horribilis con volumi produttivi ai minimi storici in Italia e in Europa. Il parziale dietrofront dell’Unione Europea sullo stop ai motori endotermici dal 2035 è giudicato un segnale positivo, ma insufficiente. La strategia va corretta più a fondo se si vuole salvare un settore cardine dell’industria continentale.
In Molise, l’ombra che incombe ha un nome preciso: Stellantis. Secondo Confindustria, la crisi che si profila rischia di trasformarsi in una valanga, con effetti devastanti sull’intero sistema socio-economico regionale. Non solo occupazione diretta, ma indotto, servizi, coesione sociale. Per questo Natale lancia un messaggio politico chiaro: le soluzioni non possono essere solo locali. Serve un intervento nazionale, serve che si accenda finalmente un faro sul Molise, prima che sia troppo tardi.
Accanto all’industria, c’è un altro fronte che preoccupa seriamente il mondo produttivo: la sanità. Il debito accumulato viene definito ormai irrecuperabile, un macigno che condiziona bilanci, servizi e prospettive di sviluppo. Una sanità in affanno non è solo un problema sociale, ma anche economico: allontana investimenti, riduce la qualità della vita, alimenta lo spopolamento.
Il quadro regionale si completa con infrastrutture dei trasporti giudicate disastrose e con imprese che resistono solo grazie agli sforzi individuali degli imprenditori, in assenza di una strategia complessiva di sviluppo territoriale. È questo, forse, l’atto d’accusa più duro rivolto alla politica: navigare a vista mentre il sistema perde pezzi.
Il 2025 è stato anche l’anno cruciale del Pnrr e del ritorno alle regole europee di bilancio. Con la scadenza del 2026 alle porte, restano ancora 108 miliardi da spendere nel biennio finale. Ritardi e rimodulazioni hanno rallentato l’impatto reale del Piano, mentre il nuovo Patto di Stabilità riporta l’Italia sotto osservazione: il deficit rischia di superare il 3,5%, imponendo una manovra 2026 all’insegna della prudenza.
A livello nazionale, turismo e servizi hanno solo in parte compensato il calo industriale. Gli investimenti frenano dopo lo stop agli incentivi edilizi, mentre il mercato del lavoro – finora scudo dell’economia – mostra i primi segnali di inversione. L’inflazione cala, ma il carovita resta percepito come elevato, soprattutto per le famiglie più fragili.
Il messaggio finale di Confindustria Molise è chiaro e scomodo: senza scelte coraggiose, il rischio è un lento declino irreversibile. Energia, sanità, Stellantis e infrastrutture non sono capitoli separati, ma parti di un’unica emergenza. Ignorarla oggi significa pagarne il prezzo domani, molto più salato.
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