<<Gli eroi non si piangono, si imitano>>.

Con questa citazione, Don Caudio Recchiuti, cappellano militare del Molise, ha aperto la funzione religiosa tenutasi in piazza della Vittoria, per commemorare le vittime della prima guerra mondiale.

Una corona d’alloro è stata deposta ai piedi del monumento, per onorare il sacrificio di 5.400 molisani, per il 49% di età compresa tra i 17 e 24 anni.

Un tributo enorme, una scia di sangue che ha lasciato dietro di sé vedove e orfani, ma che le autorità oggi hanno voluto ricordare come monito per il futuro.

Forze dell’ordine, associazioni combattentistiche e d’arma, in corteo hanno raggiunto il teatro Savoia dove il presidente del Consiglio Vincenzo Niro ha voluto una cerimonia volta alla riflessione.

All’evento ha preso parte l’esponente del Governo Gioacchino Alfano, sottosegretario del ministero della difesa.

<<In questa bella città oggi lanciamo un messaggio importante – ha detto – sono convinto che insieme alle Regioni potremo innalzare i livelli di sicurezza, in un momento in cui nel mondo c’è il pericolo del terrorismo>>.

L’inno di Mameli ha aperto il dibattito in cui è intervenuto anche Giuseppe di Pangrazio, presidente del consiglio regionale dell’Abruzzo, a testimoniare l’unione tra due territori sia in quel dolore che nella crescita futura.

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Il Governatore Paolo Frattura e Vincenzo Niro hanno poi lanciato l’appello all’unità e all’appartenenza alla nazione.

<<Testimonianze e musica ci sembravano il modo migliore per ricordare le tante vittime – ha affermato il presidente del consiglio regionale – il Molise ha pagato uno dei prezzi più alti, essendo la seconda regione per numero di vittime>>.

 

I 50 musicisti dell’orchestra del conservatorio di Campobasso hanno chiuso la giornata eseguendo brani come il canto degli italiani o la leggenda del Piave.

Gremito il Savoia, un tempo “teatro Margherita”, luogo in cui si dibatteva proprio dell’eventualità di scendere in guerra.

Morti ingiuste, ha detto il preside della facoltà di scienze politiche dell’Unimol Giuseppe Pardini, ma un evento di tale portata non va cancellato, bensì preso come spunto per la vera pace.

<<Ci sono state tante morti in quella che molti hanno considerato la quarta guerra di indipendenza – ha affermato – forse quel sacrificio non è servito, ma resta la speranza per il futuro>>.

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