La frase che fa più effetto è quella sul Vietri: «Una sorta di “lazzaretto” con la sola apertura di un reparto di terapia intensiva e un reparto di sub intensiva nella totale assenza dei più elementari elementi che la scienza medica e la disciplina dell’organizzazione sanitaria impongono».
Per il procuratore di Campobasso Nicola D’Angelo, a questo avrebbe portato il piano di riorganizzazione presentato al Ministero a giugno scorso dal commissario della sanità molisana Angelo Giustini. Alcuni fogli, in buona parte la «riproduzione testuale di una nota di intenti intestata “Comune di Larino”», che è cosa ben diversa dal piano di riorganizzazione richiesto alle Regioni dall’articolo 2 del decreto 34.
Sei pagine di imputazione provvisoria, due i reati contestati al generale della Finanza scelto a dicembre 2018 dal governo Conte I per gestire il piano di rientro in Molise: omissione deliberata e ripetuta di atti del suo ufficio, e gli episodi citati sono numerosi, e abuso riguardo alla nomina del dg Asrem Florenzano come commissario straordinario per l’emergenza, nomina con cui si è attribuito un potere che spetta al Consiglio dei ministri. Da Roma, tra l’altro, arrivò subito il disco rosso del dicastero della Salute: l’unico a cui spetta il potere-dovere di predisporre provvedimenti di programmazione per il Covid e sovrintendere poi alla loro attuazione è proprio lui, Giustini cioè. Il convincimento del capo dell’ufficio inquirente è che lo abbia fatto per «conseguire l’impunità» rispetto agli atti che ha omesso, in modo da trasferire a terzi le responsabilità, anche di natura patrimoniale, derivanti dal mancato assolvimento dei suoi compiti. Nomina illegittima, dunque, quella di Florenzano a cui Giustini ha recato – è sempre la prospettazione dell’accusa – un danno ingiusto.
L’invito a comparire, da indagato, domani alle 10 al Palazzo di Giustizia per l’interrogatorio del procuratore è del 4 marzo. L’inchiesta è naturalmente del 2021, in due mesi già un atto pesante della magistratura requirente. Da viale Elena stavano evidentemente guardando con estrema attenzione alla gestione dell’emergenza sanitaria.
Partendo dagli incarichi specifici che il Consiglio dei ministri deliberò il 7 dicembre 2018 in capo a Giustini, D’Angelo ipotizza che il generale abbia «indebitamente rifiutato e comunque omesso atti del suo ufficio che per ragioni di sanità pubblica dovevano essere compiuti senza ritardo». Così facendo (o non facendo), Giustini avrebbe determinato un gravissimo disservizio sanitario (sia per i malati Covid sia per le patologie tempo dipendenti) che ha comportato criticità di gestione e poi, dai primi di febbraio, la saturazione dei posti letto e l’incapacità della sanità regionale di far fronte al picco epidemico. Tanto da indurre il presidente della Regione, ha messo nero su bianco il procuratore, a chiedere l’intervento della Protezione civile il 20 febbraio scorso. Il tutto, «con un numero di decessi verificatisi in un contesto di assistenza sanitaria reso ancora più fragile dal suo rifiuto di iniziative doverose» e «dall’assenza di tempestivi interventi risolutivi».
Cosa non ha fatto dunque Giustini? L’elenco di D’Angelo è lungo.
Intanto, non ha dato concreta attuazione ai piani di potenziamento della rete assistenziale. Al Vietri di Larino non è stato realizzato un centro per l’assistenza primaria e la riabilitazione post Covid che avrebbero alleggerito i reparti di area medica negli ospedali e i pronto soccorso. Lo ha stabilito lo stesso Giustini questo percorso, con un decreto del 26 ottobre. Ma poi non vi ha dato corso. Criticità che gli è stata contestata pure dal tavolo tecnico il 29 dicembre, in quella tempestosa seduta cioè in cui minacciò di dimettersi. A Larino, sottolineava il tavolo a fine 2020, bisognava prevedere la presa in carico di dimessi ancora positivi e paucisintomatici.
Il 17 febbraio, poi, ha adottato un decreto, su cui la sub Grossi era in dissenso tanto che non lo ha firmato, con cui autorizza il ricovero al Vietri dei paucisintomatici. Se lo avesse fatto dall’estate 2020, come prevedeva il dl 34, questa rete «avrebbe permesso di gestire meglio, sotto il profilo dei ricoveri ospedalieri, la gestione della pandemia in regione, peraltro evitando il ricorso a personale e apparecchiature dell’Irccs Neuromed, cioè di un soggetto privato».
Il 19 febbraio, ripercorre ancora D’Angelo, resosi conto che non c’era più tempo, lo stesso Giustini ha sospeso il decreto sul Vietri e ha dato l’ok all’attivazione di 20 posti al Gemelli con il personale del Neuromed. Ancora, sempre il 19 febbraio, «con comunicato stampa falsamente rappresentava che la sua decisione di aprire il centro Covid al Veitri di Larino era stata “pienamente validata dal ministero della Salute”».
Il tira e molla sul Vietri che ha destabilizzato l’opinione pubblica in quei giorni, sotto la lente della procura assume aspetti assai rilevanti quantomeno rispetto alla formulazione di ipotesi di reato.
Leitmotiv che ha appassionato non certo solo Giustini, ma che lui ha messo su carta quasi un anno fa, il progetto di riapertura del Vietri viene sezionato dal pm, che ha delegato le indagini al Nas del comando di Campobasso, e letteralmente fatto a pezzi. Anche in questo caso, la sub era in dissenso. Giustini lo ha inviato a Roma «nonostante la disponibilità di indicazioni tecniche fornitegli dal direttore generale Asrem». In contrasto con la circolare del 29 maggio 2020 che indica, in termini ordinatori, che i posti aggiuntivi di intensiva e area medica andassero collocati in un ospedale che fosse almeno Dea di I livello, quel piano non prevedeva un pronto soccorso, la diagnostica, il laboratorio analisi, le altre discipline necessarie all’assistenza per i Covid. E ancora era in contrasto col dm 70 e con gli atti di programmazione regionale. Prevedeva, questo sì, 10 rianimatori ma lui stesso anche prima della pandemia aveva lamentato le difficoltà per reperire il personale.
Non solo Florenzano, ma anche il direttore del distretto Giorgetta cui il commissario aveva dato incarico aveva rappresentato «la non fattibilità dell’operazione».
Anche in questo caso, valutazioni e pareri locali e romani già in parte noti. Ma che quando finiscono in un fascicolo del pubblico ministero possono avere conseguenze importanti.
A riprova di «ingiustificate e deliberate omissioni», il procuratore di Campobasso ha preso a riferimento anche il difficilissimo rapporto coi tecnici di Mef e Salute. Che già dal secondo verbale da commissario, il 24 luglio 2019, cominciarono a strigliare Giustini. Fino a quello datato 1 ottobre che dava conto di quando la coordinatrice del tavolo Adduce staccò il collegamento per «l’inadeguatezza della preparazione della struttura commissariale».
Infine, la visita degli ispettori. Determinata proprio da Giustini, sostiene l’accusa, dalla sua segnalazione al Ministero in cui prospettava anche «criticità inesistenti» per «celare la sua omissione». Tanto che dal verbale della visita la procura evince che «contrariamente a quanto da lui segnalato, fatti salvi alcuni aspetti di dettaglio, i percorsi ospedalieri» al Cardarelli sono «disciplinati da istruzioni e supporti tecnologici formalmente corretti» e fra le altre cose che «la separazione fisica nel blocco operatorio tra sale Covid e non Covid» è efficace.
Sempre in quel verbale, sono indicate le azioni da mettere in campo per risolvere le criticità comunque rilevate (fra cui il ripristino delle condizioni igieniche nelle sale operatorie al Veneziale). Su cui pure Giustini, la chiosa dell’accusa, ha omesso di intervenire subito.
Addebiti pesanti, che il generale dovrà provare, insieme alla sua difesa, a smontare.
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