Troppo dolore, tutto insieme. Troppo per riuscire anche solo a capire da dove cominciare. Senza ancora il tempo di metabolizzare la perdita del professor Gianni Capobianco, e già un’altra ferita si apre nel cuore della comunità venafrana e del mondo dell’informazione molisana.
È morto improvvisamente Domenico Bertoni, 50 anni, giornalista, per anni vicepresidente dell’Ordine dei giornalisti del Molise, fiduciario regionale dell’Inpgi, anima di TVI, attualmente responsabile delle redazioni abruzzesi di TRSP. Ma prima ancora di ogni titolo, ruolo, carica o incarico, Domenico era un amico. Un uomo buono, discreto, gentile.
Aveva l’umiltà di chi conosce il valore delle parole, ma soprattutto il silenzio di chi non ha bisogno di urlare per farsi capire. Parlava con i fatti, con le ore passate in redazione anche quando tutto sembrava crollare. Con il rispetto ostinato per la sua professione, con la dedizione assoluta a quel mestiere che, a differenza di lui, non è sempre stato capace di ricambiare.
Domenico ha vissuto il giornalismo come una missione, non come una vetrina. Dalle prime cronache sportive al seguito del Venafro Calcio ai palinsesti di un’emittente che ha guidato in tempi difficili, ha saputo fare informazione con dignità, competenza e passione. Ha fatto scuola, letteralmente: tanti giovani che oggi firmano articoli o conducono notiziari lo devono a lui, a quel suo entusiasmo contagioso, alla disponibilità con cui apriva le porte della redazione e il cuore del mestiere.
Era uno di quelli che stava “sul pezzo” per 24 ore di fila, se necessario. Non mollava, mai. Era schivo, sì. Lontano dai pettegolezzi, lontano dalle polemiche. Mai una parola fuori posto, mai sopra le righe. Ma chi lo conosceva davvero sapeva che dentro quel tono pacato c’erano forza, determinazione e un’etica incrollabile.
Ed è anche per questo che fa male oggi vedere l’ipocrisia scorrere rapida sui social. Perché in vita, per lui, pochi si sono spesi davvero. Pochi hanno lottato con lui e per lui, quando ce n’era bisogno. Quando la professione che amava, e che avrebbe meritato di più, gli presentava il conto dell’indifferenza, della precarietà, delle promesse mancate. Quando alcuni editori – non tutti, ma certi sì – si dimostravano più avidi che lungimiranti, più ignoranti che capaci.
Oggi, invece, fiumi di parole, cuori, candele. Tanti cordogli. Ma non servono post conditi di retorica a riempire il vuoto che Domenico lascia. Serviva – e non c’è stato – il coraggio di lottare per lui quando contava.
Non doveva finire così. Non a 50 anni. Non così in fretta. Non nel silenzio di chi ha dato tutto e ha ricevuto troppo poco.
Ci mancheranno la sua dolcezza, la sua educazione, la sua serietà. Ci mancheranno le chiacchierate, le battute sussurrate, i consigli saggi. Ci mancherà il suo esempio, così semplice da sembrare d’altri tempi.
Ciao Domenico.
Che tu possa finalmente trovare quel riconoscimento che in vita ti è stato negato.
Che il silenzio ora sia pace.
E che almeno questa volta, il tuo mestiere – e chi lo rappresenta – si fermi a riflettere.
Luca Colella

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