Ci sono ferite che il tempo non rimargina. Non perché manchi la volontà, ma perché appartengono a qualcosa di più grande del dolore stesso: alla memoria di un popolo.
San Giuliano di Puglia è una di quelle ferite. Una cicatrice che il Molise porta nel cuore da ventitré anni, e che, paradossalmente, è diventata la sua parte più viva.
Ogni 31 ottobre la terra torna a tremare, ma solo dentro di noi. Non servono sirene né scosse per ricordare cosa significò quel giorno: bastano il silenzio di una piazza, i nomi degli Angeli pronunciati uno a uno, le lacrime di chi non ha mai smesso di sentire la mancanza.
Perché quel dolore, che si fece pietra, scuola, parco, memoria, non è mai finito. È diventato eredità.
Il Molise ha saputo reagire, ha saputo ricostruire, ha saputo imparare. Ma la ricostruzione più difficile non è stata quella delle case o delle scuole: è stata quella dell’anima.
Da quella mattina di ottobre del 2002 siamo diventati un popolo diverso. Più consapevole, forse più fragile, ma anche più unito nell’idea che la sicurezza, la cura e l’attenzione verso i nostri figli non possono essere lasciate al caso, né alla fortuna.
Ogni anno, la cerimonia al Parco della Memoria non è solo un rito. È un patto.
Un patto che rinnova la promessa fatta in quelle ore di disperazione: «Mai più».
Mai più un bambino che muore in una scuola, mai più genitori che salutano i figli senza sapere che non torneranno.
Una promessa che non ammette distrazioni né compromessi, perché la memoria, se non diventa impegno, è solo commemorazione.
I bambini di San Giuliano e la loro maestra non ci chiedono di piangere. Ci chiedono di essere migliori. Di costruire, ogni giorno, un Molise e un’Italia dove le tragedie non si ripetano per incuria o leggerezza.
Ci chiedono di trasformare il dolore in responsabilità, la commozione in vigilanza, il ricordo in azione.
E allora, oggi, nel ventitreesimo anniversario, il modo più autentico di ricordare non è abbassare lo sguardo, ma alzarlo.
Guardare le nostre scuole, i nostri edifici, i nostri progetti. Domandarci se stiamo davvero onorando quel sacrificio, se stiamo mantenendo la promessa.
Perché la memoria non vive solo nei monumenti o nelle celebrazioni, ma nel modo in cui scegliamo di vivere, di amministrare, di educare.
San Giuliano di Puglia è diventata il simbolo di un’Italia che ha imparato a rimettersi in piedi, ma anche l’immagine più limpida di quanto la vita, la fiducia e l’amore per i propri figli meritino ogni sforzo possibile.
E se oggi le scuole molisane sono più sicure, se ogni mattina migliaia di bambini entrano in aule costruite con criteri antisismici e pensiero attento, lo dobbiamo a loro: ai nostri piccoli Angeli e alla maestra Carmela.
Non serve soltanto ricordare: serve essere all’altezza del ricordo.
Perché la sicurezza non nasce da un regolamento, ma dalla responsabilità e dal cuore di chi sceglie di prendersi cura degli altri.
Il Molise, ogni 31 ottobre, torna a respirare insieme, unito da un sentimento che il tempo non ha indebolito. E rinnova un dolore immenso che, lentamente, si è fatto amore: un amore che unisce e custodisce.
Oggi, domani, ogni giorno, alzando lo sguardo verso nuovi edifici, nuove aule, verso i nuovi spazi costruiti «dove doveva esserci solo la vita», pensiamo a loro. E manteniamo la promessa: «Mai più».
Luca Colella





















