Dal progetto di un nuovo ospedale con 220 posti letto al ridimensionamento in un presidio di comunità con appena 20 posti di degenza, gestiti soprattutto da infermieri e medici di base.
È questa la parabola dell’ospedale “San Francesco Caracciolo” di Agnone, simbolo della sanità alto molisana e ora, secondo le indiscrezioni contenute nel nuovo Piano Operativo Sanitario (POS) 2025-2027, ridotto al minimo storico. Una trasformazione che, se confermata, non sarebbe solo tecnica o contabile: rischia di segnare un punto di non ritorno per un intero territorio già provato da spopolamento, carenza di lavoro e servizi.
I numeri che pesano come un macigno. Il documento dei commissari alla sanità, Marco Bonamico e Ulisse Di Giacomo, non lascia spazio a interpretazioni: il Caracciolo costa 9 milioni l’anno a fronte di una produttività di appena 2,4 milioni, con una resa sotto il 30%.
I dati sui ricoveri confermano il trend negativo: nel 2024 sono stati registrati 388 ordinari e 24 in Day Hospital, ma il primo quadrimestre 2025 evidenzia un calo (80 ordinari e sette in DH) rispetto allo stesso periodo del 2024 (128 ordinari). A ciò si aggiunge la cronica difficoltà a reperire medici, sia per i turni del Pronto soccorso che per i reparti di degenza.
La verità dietro i numeri. Eppure c’è chi fa notare un dettaglio non secondario: il calo degli accessi sarebbe la conseguenza di uno smantellamento progressivo. Negli anni il Caracciolo ha perso Chirurgia, Ginecologia-Pediatria, Otorinolaringoiatria, Ortopedia. Interi reparti chiusi, personale ridotto all’osso. Dunque, quei numeri fotografano una realtà depotenziata dall’alto, più che una mancanza di bisogno da parte della popolazione.
Il futuro ridisegnato dal POS. Il nuovo piano prevede per Agnone: 20 posti letto a livello assistenziale medio-basso; punto di Primo Intervento secondo quanto stabilito dal DM 70; postazione 118 con ambulanza e automedica attive 24 ore su 24; ambulatori polispecialistici (Cardiologia, Oculistica, Ortopedia, Fisiatria, Dermatologia, Reumatologia, Odontoiatria, Chirurgia ambulatoriale), operativi cinque giorni su sette; diagnostica di base (Rx e Tac) con refertazione a distanza; punto prelievi, emodialisi e persino un’area per l’elisoccorso. Una riorganizzazione che sulla carta offre servizi, ma che nella sostanza riduce drasticamente le funzioni ospedaliere.
Dall’eccellenza al declino. Negli anni ‘80 il Caracciolo contava oltre 100 posti letto, garantiva lavoro a 320 persone tra medici, infermieri e tecnici, produceva “mobilità attiva” (cioè pazienti che arrivavano da fuori regione) e bilanci in ordine. Oggi, con l’Asrem unica e la centralizzazione su Campobasso, il presidio è scivolato lentamente verso l’irrilevanza. Una parabola che in molti considerano frutto di scelte politiche più che di esigenze economiche.
Il Molise delle periferie davanti a un bivio. Ora la palla passa ai ministeri della Salute e dell’Economia, chiamati a ratificare il POS. Ma il malcontento cresce e non si escludono ricorsi.
La domanda è inevitabile: è giusto sacrificare un intero territorio sull’altare dei conti? O la sanità, specie in aree disagiate, dovrebbe guardare prima di tutto al diritto costituzionale alla cura?
Agnone, e con essa l’Alto Molise, rischiano di diventare un laboratorio di quella “sanità di comunità” di cui molto si parla, ma che in concreto si traduce in meno letti, meno medici, meno servizi.
























