Era il 18 settembre 2018 quando il ponte “Sente-Longo” venne chiuso. Da allora, sette anni sono trascorsi come una lunga stagione d’attesa, un tempo sospeso che ha scavato solchi profondi nel cuore dell’Alto Molise e dell’Alto Vastese. Quel viadotto non era soltanto cemento e acciaio. Era un varco tra due mondi, un filo che legava famiglie, commerci, studenti, malati in viaggio verso l’ospedale San Francesco Caracciolo e lavoratori diretti a destinazioni quotidiane. Era un respiro di continuità per comunità già fragili, segnate dallo spopolamento.
La sua chiusura, imposta da perizie che rivelarono la debolezza delle pile 3 e 7, è diventata lentamente simbolo di un abbandono che non riguarda solo un’infrastruttura, ma un intero territorio.
Da quel giorno, ogni viaggio è diventato più lungo, ogni scambio più difficile, ogni scelta di restare più faticosa.
Ad Agnone il calo delle iscrizioni scolastiche racconta una ferita invisibile: famiglie che rinunciano, studenti che scelgono altrove. A Belmonte del Sannio e Castiglione Messer Marino i commercianti osservano serrande abbassarsi più spesso, clienti scomparire, mercati svuotarsi.
Le promesse non sono mancate: mozioni, fondi annunciati, visite ministeriali. Ma i lavori restano sospesi tra carte e cronoprogrammi che non prendono forma. Il ponte, intanto, rimane immobile, gigante silenzioso che sovrasta le vallate senza più collegarle.
Sette anni sono un tempo lungo, troppo lungo per comunità già in lotta con la desertificazione sociale. Ogni giorno che passa non è solo un giorno di attesa per la riapertura, ma un tassello in più di ciò che si perde: giovani che partono, servizi che si riducono, economie che si indeboliscono.
Il viadotto “Sente-Longo” era una promessa di unione, oggi è la memoria di ciò che poteva essere. Riportarlo in vita non significherebbe solo riaprire una strada, ma restituire respiro a due aree che, senza quel ponte, rischiano di non avere più futuro.
Intanto sono passati già sette – lunghi – anni…
























