Addio al Mirò della cucina, si è spento, ieri, il mitico Bobo. Talvolta se ne abusa, del termine ‘eccellenza’, ma lui lo era per davvero, il primo chef che ha reso celebre la cucina molisana fuori dai nostri confini (non ce ne vogliano i colleghi ristoratori), ma l’eccentricità, il genio, la simpatia, la vita a colori di Colombo Vincenzi (in arte Bobo), ha sdoganato il basso Molise, proiettandolo verso traguardi sconosciuti fino a poco prima. La vita non è stata benevola negli ultimi anni, con lui. Vicissitudini di varia natura, ma dalla morte della sua inseparabile Rita (RiBo nasce dal loro acronimo), avvenuta il primo luglio 2020 (lui è morto il 2 luglio), il declivio è stato inesorabile. La saluta ha smesso di accompagnarlo ed è calato il sipario su uno dei luoghi iconici della ristorazione e della ricettività di tutto un territorio. La notizia ci ha raggiunto mentre eravamo ai funerali di monsignor Nicolino Pietrantonio, a Nuova Cliternia, e tra coloro che erano in platea, c’era Pasquale Di Lena, con cui chi scrive si recò ormai 21 anni fa per la prima volta al RiBo. Ne nacque un’amicizia sincera, che solo gli eventi dell’ultimo periodo ha affievolito nei contatti, ma non nello spirito. Scriverne del suo trapasso è doloroso, era sempre uno spasso incontrarlo, ma soprattutto delizioso assaggiarne l’arte culinaria. A 74 anni ha salutato la vita terrena. Nato in Romagna ma molisano d’adozione, Bobo era molto più di un cuoco: era un poeta del gusto, capace di trasformare ingredienti semplici in emozioni. Con il
sorriso sempre acceso e la battuta pronta, ha saputo fondere nei suoi piatti la tradizione romagnola e l’anima molisana: dai passatelli in brodo ai cavatelli con le cozze, dalla piadina alla pampanella. La sua cucina era casa, memoria, identità. Indimenticabile la sua presenza nel 1985 all’inaugurazione dello stabilimento Fiat Termoli 3, accanto a Sandro Pertini e alla famiglia Agnelli. Ma Bobo cucinava con la stessa passione per tutti, dai grandi eventi ai pranzi di famiglia. Dallo Squalo Blu al celebre RiBo, aperto con la compagna Rita tra San Giacomo e Guglionesi, ogni suo locale era un rifugio di autenticità. Anche la loro curiosa contrapposizione politica — lui fan del Che, lei simpatizzante dell’estrema destra — divenne parte del fascino del loro ristorante, raccontato perfino da Il Venerdì di Repubblica e da Sette. Presenza fissa in TV, da Rai a Gambero Rosso, Bobo ha portato il Molise e la sua filosofia culinaria in tutta Italia. Oggi se ne va un pezzo di storia, ma resta il suo ricordo: nei profumi, nei
racconti, nei cuori di chi ha avuto la fortuna di conoscerlo. Vogliamo ricordarlo anche attraverso le parole di Piefrancesco Citriniti, che assieme a Diego Bianchi, da Bobo c’è stato per la sua trasmissione: «C’era una volta un uomo che cucinava il pesce, anche se non lo amava. Lo faceva per amore, non per gusto. Amore per chi si sedeva a tavola, per chi condivideva il pane, per chi cercava conforto in un piatto fatto con le mani callose e il cuore acceso. Perché lui, Bobo, metteva nei piatti più amore che sale. Dietro ogni forchettata, c’era la fatica della coerenza, la bellezza della semplicità, la rivoluzione della cura. Aveva scelto il Molise come si sceglie un amore che non fa rumore ma cambia tutto. Tra i vicoli di Guglionesi, aveva costruito il suo tempio laico: un ristorante, RiBo, dove non si servivano solo piatti… ma visioni del mondo. Dove la politica si faceva col mestolo. Dove la convivenza prendeva la forma di un secondo ben cotto, di un galluccio alla “Che Guevara”, rigorosamente fuori menù, solo per chi capiva il valore delle cose rare. Lui era comunista, vero. Di quelli silenziosi ma profondi. Lei, Rita, sua moglie, era di destra. Fiera, passionale, irriverente. Due mondi,
due ideologie, due fuochi. Eppure: una sola tavola. Una sola ricetta condivisa. Una sola idea di felicità: cucinare insieme per far star bene gli altri. Nel loro ristorante si discuteva, si dibatteva, ci si punzecchiava, ma sempre con amore. Sempre per il bene comune: il piatto. Quella era la loro rivoluzione: cucinare per unire, non per dividere. Servire cibo che saziava anche l’anima. Condividere l’idea che gli ingredienti diversi, se ben dosati, possono creare qualcosa di straordinario. Bobo era molto più di un cuoco. Era un artigiano della pace. Un filosofo della forchetta. Un poeta del forno. Il suo pane non mentiva. Il suo silenzio parlava forte. La sua divisa da cuoco era la sua bandiera. E ogni piatto, una dichiarazione d’amore al Molise. Oggi, questo amore va restituito. Perché Bobo non apparteneva solo a Guglionesi. Bobo è patrimonio di chi crede che cucinare bene sia un atto politico. Che servire il prossimo sia il gesto più nobile. Che la coerenza, come l’olio buono, è difficile da trovare ma indimenticabile quando c’è. Dovremmo dedicargli una piazza, un premio, una scuola… ma anche qualcosa di più intimo: ogni gesto sincero. Ogni discussione fatta con rispetto. Ogni piatto cucinato per chi amiamo. Perché Bobo è già eterno. E il nostro compito è tenerlo vivo, ogni giorno, ogni volta che cuciniamo con amore. Ciao Bobo. Il cielo molisano oggi sa di galluccio. E anche le stelle “se potessero” ti chiederebbero un’altra porzione». Per Stefano Leone, di cui pubblichiamo una stupenda foto dell’amico Bobo: «Genio a Tavola e Stella d’ Italia, il Bobo nazionale della Cucina, ha davvero codificato una nuova concezione dell’arte culinaria, animando con eccezionale fantasia e straordinaria perizia, piatti e sapori, conferendo una sorta di aurea poesia a ogni sua creatura. Per quasi 60 anni, andare da Bobo ha significato sfogliare un’inedita enciclopedia del gusto e della conoscenza della nostra Terra e del nostro Mare. Ritengo che uno dei suoi meriti più importanti sia stato quello di aver insegnato a capire e valorizzare il Gusto, inteso come perfetta sintesi tra conoscenza di sé stessi e della natura attraverso il sano e imprescindibile arricchimento del corpo e della mente. Un vero Cuoco che ha illuminato ed entusiasmato qualche milione di persone. La sua amicizia è antica. Lo ricordo negli anni Settanta, io bambino, sul lungomare nord, eccentrico, una grande moto e lui, con due cuccioli di leone. E da allora fino a marzo di quest’anno, quando, il giorno del suo compleanno, insieme a Valerio Trivelli e altri amici, lo abbiamo festeggiato con fisarmonica, ricordi e sorrisi. Ciao Bobo, nella tua vita, c’è la nostra Cultura, un ineludibile progresso di momenti assoluti verso una sempre maggiore libertà e genialità». I funerali avranno luogo domattina, venerdì 4 luglio, alle 10.30, nella chiesa dei Santi Pietro e Paolo, stamani si apre la camera ardente, nella casa funeraria Bavota, in via dei Roveri.