Il 20 ottobre sarà una data spartiacque per il futuro industriale di Stellantis in Italia e, in particolare, per lo stabilimento di Termoli. È infatti fissato per quel giorno il primo incontro tra il nuovo amministratore delegato Antonio Filosa e i sindacati metalmeccanici nazionali, un confronto che arriva in un momento di forti tensioni legate al calo della produzione, al massiccio ricorso alla cassa integrazione e all’incertezza su progetti strategici come la gigafactory molisana. Dai segretari di Fim-Cisl, Fiom-Cgil, Uilm e Fismic arrivano parole dure, richieste precise e aspettative elevate: Termoli, insieme ad altri poli industriali del gruppo, viene citato più volte come uno dei nodi centrali da sciogliere. Il segretario nazionale della Fim-Cisl, Ferdinando Uliano, è tra i più espliciti. Secondo i dati raccolti dalla federazione, «nell’ultimo anno abbiamo perso un terzo della produzione e rischiamo di perdere altrettanto nel 2025». Un crollo che si traduce in turni ridotti, settimane di inattività e un impatto pesantissimo sulle famiglie operaie. Uliano inserisce Termoli tra i casi più preoccupanti: qui la promessa della gigafactory per la produzione di batterie si è progressivamente trasformata in un grande punto interrogativo. L’investimento, più volte annunciato, non è ancora partito e la mancanza di chiarezza rischia di lasciare lo stabilimento in una fase di sospensione, con inevitabili conseguenze occupazionali. «Non basta la conferma del piano industriale illustrato all’inizio dell’anno – avverte Uliano – servono scelte più incisive e impegni concreti, soprattutto nei siti in sofferenza. A Termoli vogliamo sapere cosa accadrà e quali prospettive reali avrà la gigafactory». Sulla stessa lunghezza d’onda si colloca la Fiom-Cgil. Michele De Palma e Samuele Lodi hanno firmato, insieme agli altri sindacati, una lettera unitaria a Filosa per chiedere un incontro urgente. La Fiom evidenzia la “critica situazione degli stabilimenti italiani, la mancata applicazione del piano industriale, gli investimenti insufficienti e i ritardi nel lancio di nuovi modelli e motorizzazioni”. Anche qui, Termoli è un simbolo di questa incertezza: da un lato lo stabilimento meccanico tradizionale, che ha bisogno di una riconversione credibile; dall’altro la promessa di un futuro legato all’elettrico, che però tarda a concretizzarsi. Samuele Lodi ha definito l’apertura di un confronto con l’amministratore delegato “un fatto positivo”, ma ha aggiunto che “il giudizio sarà vincolato alla presentazione di un piano industriale dettagliato e credibile”. Per la Fiom, insomma, il tavolo del 20 ottobre non potrà limitarsi a generiche rassicurazioni: serviranno impegni precisi su investimenti, tempi e occupazione, a partire proprio dalla Gigafactory di Termoli. Le preoccupazioni arrivano anche dalla Uilm. Il segretario generale Rocco Palombella e il responsabile auto Gianluca Ficco considerano l’appuntamento del 20 ottobre «un’occasione fondamentale per dare voce ai lavoratori italiani» e sottolineano che ogni stabilimento deve avere una prospettiva di lungo periodo. Pur ponendo l’accento soprattutto su Cassino, Melfi, Pomigliano e Mirafiori, i due dirigenti sindacali non dimenticano Termoli, dove il futuro della Gigafactory è visto come condizione indispensabile per garantire continuità occupazionale. Secondo la Uilm, non basta annunciare piattaforme o tecnologie se poi mancano certezze operative: serve una pianificazione chiara, con tempi di avvio definiti e garanzie sulla saturazione delle linee. «L’assegnazione di modelli e motorizzazioni – spiegano – deve essere accompagnata da decisioni coerenti sul versante dell’elettrificazione. E a Termoli questo significa capire subito quando e come partirà la produzione di batterie».
Anche il Fismic-Confsal, guidato da Roberto Di Maulo, richiama esplicitamente la situazione molisana. «Il 20 ottobre – afferma – sarà un momento decisivo per il futuro industriale del gruppo in Italia. I lavoratori hanno bisogno di certezze e non possono esserci ulteriori riduzioni di produzione». Di Maulo inserisce Termoli nella lista degli stabilimenti chiave, insieme a Cassino, Mirafiori, Melfi e Pomigliano, chiedendo garanzie precise su ognuno di essi. Per il Fismic, l’incontro con Filosa deve segnare l’inizio di una nuova fase di dialogo e partecipazione, e il caso Termoli rappresenta il banco di prova più importante: se il progetto della gigafactory dovesse arenarsi, verrebbe meno la prospettiva di sviluppo per l’intero Centro-Sud del Paese. In questo quadro, Termoli emerge come un vero crocevia. Da un lato c’è la tradizione motoristica, con la produzione di propulsori endotermici che sta progressivamente esaurendo il proprio ciclo. Dall’altro, la promessa di un futuro elettrico, con la gigafactory destinata a diventare uno dei tre poli europei di produzione di batterie di Stellantis. Ma i ritardi, l’assenza di un cronoprogramma ufficiale e i timori di una riduzione degli investimenti mettono in ansia i lavoratori e l’intera comunità locale. Non è un caso che i sindacati, pur con accenti diversi, convergano tutti su un punto: senza una scelta chiara e vincolante su Termoli, il piano industriale per l’Italia rischia di essere monco. Il 20 ottobre, dunque, non sarà solo un incontro formale. Sarà il momento in cui Fim, Fiom, Uilm e Fismic chiederanno risposte immediate e impegni concreti per gli stabilimenti italiani, con Termoli in testa. Se Stellantis vorrà aprire davvero una nuova fase nei rapporti con il sindacato, dovrà dare un segnale forte proprio sul futuro della Gigafactory molisana: tempi certi, investimenti reali e garanzie occupazionali. Diversamente, la data rischia di trasformarsi nell’ennesima occasione mancata e in un ulteriore motivo di conflitto. Per i lavoratori di Termoli, e per l’intero territorio, è un passaggio che vale quanto il destino stesso dell’industria automobilistica italiana.


























