L’aggressione avvenuta a Santa Croce di Magliano, compiuta da un gruppo di adolescenti ai danni di un coetaneo e filmata da altri ragazzi o ragazze presenti, rappresenta un fatto grave che interpella non solo le famiglie coinvolte, ma l’intera comunità locale e le istituzioni del territorio. E quando parlo di famiglie coinvolte non mi riferisco, in questi casi, solo ai ragazzi che colpiscono con calci e pugni, o alla vittima, ma anche alle famiglie di quei ragazzi e ragazze “satelliti” che filmano e osservano eccitandosi sadicamente per quello che si rivela un “gioco-spettacolo” (si fa per dire) da non perdere.
Tali eventi non vanno considerati come episodi isolati né espressione di una semplice devianza individuale. Si tratta di atti di perversa eccitazione per la violenza e per la sofferenza indotta in un altro essere umano che, secondo quanto emerso dalla cronaca, sembra affondare le radici in dinamiche scolastiche e relazionali precedenti. La scelta, sempre più diffusa, di filmare la violenza, anziché interromperla o chiedere aiuto, segnala un cambiamento profondo nei codici emotivi e morali dei nostri adolescenti, ma anche delle nostre famiglie. Sì è una responsabilità collettiva che chiama in causa prima di tutto la famiglia: chi si sentirà colpevolizzato da queste parole e non invece responsabilizzato a misurarsi con le proprie difficoltà educative, continuerà ad indugiare nella corresponsabilità.
In Molise – regione costituita in larga parte da piccoli comuni, relazioni ravvicinate e forte senso di appartenenza – siamo spesso portati a pensare che certi fenomeni riguardino un “altrove” lontano, le grandi città o le periferie metropolitane. I dati nazionali e le esperienze dei servizi territoriali mostrano invece che bullismo, comportamenti aggressivi e disagio adolescenziale attraversano anche i contesti più piccoli, assumendo forme meno visibili ma non meno pericolose.
Per questo motivo dedico molta attenzione e partecipo alle attività dell’Associazione molisana “Stop al bullismo” Odv Macchia d’Isernia. Con loro ho appreso che nei piccoli centri il rischio è duplice: da un lato la sottovalutazione, perché “ci si conosce tutti”; dall’altro il silenzio, per timore di stigmatizzazioni o conflitti sociali. Questo rende ancora più urgente una presa di posizione chiara e coordinata da parte delle istituzioni e dei servizi territoriali.
Come psicologo e analista, impegnato da anni nel lavoro clinico e nei contesti educativi, osservo con crescente preoccupazione il legame tra dipendenze patologiche – in particolare digitali – e impoverimento delle relazioni autentiche. L’uso compulsivo dei social media, la ricerca continua di visibilità e approvazione, l’abitudine a guardare la realtà attraverso uno schermo producono riduzione dell’empatia, difficoltà nel riconoscere il limite, normalizzazione della violenza come contenuto. Quando un’aggressione diventa un video, come nel caso di Santa Croce di Magliano, il confine tra spettatore e responsabile si assottiglia pericolosamente.
Di fronte a questi segnali, non bastano interventi emergenziali o dichiarazioni di circostanza.
È necessario che scuole, amministrazioni comunali, servizi sociali e Regione Molise lavorino in modo strutturato e continuativo su alcuni assi fondamentali: prevenzione del bullismo fin dalla scuola primaria; educazione emotiva e relazionale; alfabetizzazione digitale critica; sostegno alle famiglie in difficoltà educativa; presenza stabile di figure psicologiche nei contesti scolastici e territoriali.
La scuola, in particolare, non può essere lasciata sola a gestire conflitti sempre più complessi senza strumenti adeguati e senza una responsabilizzazione delle famiglie. Accanto agli interventi educativi e clinici, voglio sottolineare con forza il bisogno di una cornice legislativa aggiornata, capace di riconoscere l’“incuria educativa” come forma di maltrattamento intra familiare.
Colgo questa occasione per lanciare ai nostri parlamentari la mia proposta di lavorare insieme: offro la mia gratuita collaborazione ad un disegno di legge che affronti questi temi in modo sistemico, ponendo al centro la tutela dei minori, la responsabilità educativa degli adulti, il coordinamento tra scuola, sanità e servizi sociali. Ritengo, in particolare, si debba finalmente riconoscere l’ “incuria educativa” come forma di abuso intra-familiare, responsabile di dipendenze digitali e di altre forme di disagio giovanile che può assumere anche la forma di atti di bullismo. Le norme italiane esistenti (codice civile sulla responsabilità genitoriale, articolo 572 c.p. per maltrattamenti) non definiscono e non tutelano specificamente dall’abbandono del minore in ambiente digitale né dal mancato controllo che può portare a dipendenze comportamentali o isolamento sociale.
La giurisprudenza è spesso limitata ai casi estremi; manca una fattispecie legislativa che riconosca l’omissione di vigilanza in ambito digitale come forma autonoma di maltrattamento omissivo.
Il fattore di rischio più determinante non é a mio avviso la tecnologia in sé, bensì l’assenza di regole familiari, vigilanza genitoriale, educazione digitale, limiti temporali e contenutistici, dialogo e monitoraggio sulle attività online.
Definisco “incuria genitoriale digitale” questa forma emergente di trascuratezza capace di produrre vulnerabilità psicologica e sociale, soprattutto nei minori più fragili o privi di una rete relazionale solida. Per gli stessi motivi, sicuro dell’apporto prezioso che potranno dare i miei colleghi e colleghe iscritte all’Ordine degli Psicologi del Molise, ho inviato una richiesta al Consiglio regionale dell’Ordine di istituzione di uno specifico gruppo di lavoro sulle “emergenze educative in Molise”. Sono convinto che la mia categoria professionale abbia molto da offrire in un’ottica di collaborazione reciproca Scuola-Famiglie-Istituzioni regionali.
Non si tratta di criminalizzare i ragazzi o le famiglie, ma di assumere come istituzioni una responsabilità preventiva, prima che il disagio si trasformi in violenza.
Ho lavorato negli ultimi mesi ad una proposta di legge su questo: se un rappresentante politico vuole farsi portavoce e promotore di questa proposta, io da tecnico sono a disposizione.
Il Molise ha una tradizione di comunità solidali e attente. Proprio per questo, episodi come quello di Santa Croce di Magliano devono diventare occasioni di riflessione pubblica e di azione concreta, non di rimozione o minimizzazione.
La sicurezza dei nostri ragazzi, la qualità delle loro relazioni e la tenuta educativa dei territori non sono temi secondari.
Sono una questione politica nel senso più alto del termine: riguardano il futuro delle nostre comunità. Nicola Malorni

























