Mentre l’Italia fatica a ridurre il fenomeno dei NEET – i giovani che non studiano, non lavorano e non frequentano percorsi di formazione – registrando nel 2024 il 15,2% nella fascia 15-29 anni, alcuni territori del Paese mostrano criticità ancora più marcate. È il caso di Bojano, dove la percentuale di giovani NEET raggiunge il 26,6%, secondo gli ultimi dati Istat riferiti al 2020.
Il dato di Bojano risulta particolarmente significativo se confrontato con il panorama nazionale. Il piccolo centro matesino supera persino grandi città del Mezzogiorno tradizionalmente caratterizzate da elevati tassi di NEET, posizionandosi in una fascia critica, al di sopra degli altri centri molisani e della media nazionale.
Un fenomeno che – si legge su un articolo pubblicato su Openpolis in occasione della giornata mondiale delle competenze dei giovani e realizzato in sinergia con l’impresa sociale Con i bambini – non riguarda solo le grandi aree urbane del Sud, ma colpisce duramente anche i piccoli centri dell’Italia interna. Se nelle città densamente popolate l’incidenza media si attesta al 16,3%, nei comuni a densità intermedia dovrebbe teoricamente scendere al 14,7%, ma Bojano rappresenta un’eccezione preoccupante.
I divari educativi che caratterizzano il territorio nazionale si riflettono chiaramente anche nella realtà di Bojano. Come evidenziato dall’Osservatorio sulla povertà educativa di Openpolis, il 17,8% dei giovani diplomati italiani finisce nella condizione di NEET, una percentuale molto superiore a quella dei coetanei laureati (11,8%) e persino di chi ha conseguito al massimo la licenza media (13,3%).
Un aspetto su cui peserebbe una carenza di orientamento che nei piccoli centri può risultare ancora più penalizzante, dove le opportunità formative e lavorative sono naturalmente più limitate rispetto ai grandi centri urbani. Tra l’altro – è cosa più che nota – portando spesso i giovani a lasciare il proprio paese.
La situazione di Bojano riflette una criticità strutturale che investe tutto il sistema Paese. Con l’obiettivo europeo di scendere sotto il 9% di giovani NEET entro il 2030, l’Italia – seconda solo alla Romania (19,4%) – deve affrontare una sfida particolarmente complessa nei territori delle aree interne.
Il fenomeno sembra assumere infatti «una forte connotazione territoriale», come confermano i dati: mentre i Paesi Bassi registrano appena il 4,9% di NEET e la Svezia il 6,3%, l’Italia sconta divari interni drammatici tra Nord e Sud, tra grandi città e piccoli centri.
E il caso di Bojano evidenzia come la questione non sia solo un problema delle periferie, ma tocchi profondamente anche l’Italia dei piccoli comuni, dove lo spopolamento e la mancanza di opportunità si intrecciano con i divari educativi nazionali.
«Il fatto che una parte non irrilevante della popolazione giovanile resti esclusa dai percorsi di istruzione, formazione e dal mondo del lavoro rappresenta un vero e proprio problema sociale» – si legge nell’articolo di Openpolis.
Per comuni come Bojano, la sfida è duplice e la questione educativa non può prescindere dalla necessità di creare opportunità di sviluppo locale che possano trattenere i talenti sul territorio. Una partita che si gioca sul futuro stesso di questi centri e sulla capacità dell’Italia di valorizzare davvero «l’energia e il talento delle sue giovani generazioni».

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