Con I canti di un pellegrino (Booksprint Edizioni, 2024), silloge candidata al Premio Strega Poesia 2025, Yari Lepre Marrani firma la sua opera più matura, attraversata da un afflato emotivo che si traduce in un incessante pellegrinaggio interiore. La sua poesia nasce dall’osservazione del reale, ma subito lo oltrepassa: ogni gesto, ogni ombra, ogni dettaglio del mondo diventa segno da interpretare, rivelazione, scintilla di un significato più profondo.
L’io lirico di Marrani cammina – letteralmente e simbolicamente – tra montagne e deserti, campagne e città, portando nello sguardo l’intensità di chi sa che la natura non è un semplice scenario, ma un interlocutore morale. Le percezioni si trasformano in sentieri interiori, dove amore, perdita, memoria e speranza si alternano in un flusso di domande e ripensamenti. È una poesia che nasce dall’esperienza quotidiana, ma che tende sempre verso l’assoluto.
I temi dominanti sono quelli della grande tradizione umanistica: la fragilità dell’esistenza, il tradimento, la sofferenza, la redenzione. Marrani li affronta con un linguaggio ricco, musicale, in cui metafore e antitesi costruiscono un ritmo ampio, visionario, mentre le enumerazioni scandiscono il respiro emotivo dei versi. Non mancano le cesure, gli spazi bianchi, le pause: è lì che il lettore trova il tempo per riflettere, per ascoltare se stesso, per lasciarsi toccare.
La poesia Israele, una delle più note della raccolta, testimonia l’attenzione dell’autore per la civiltà giudaico-cristiana e per le ferite ancora aperte della storia. Sulle “rive insanguinate”, tra figli “perseguitati e persecutori”, Marrani convoca la voce dei profeti – Isaia, Elia – e dei grandi poeti della tradizione occidentale, da Omero a Milton. Ne nasce un canto civile e doloroso, che racconta la condanna millenaria di un popolo e, insieme, il destino tragico della guerra come ricatto eterno della storia.
In Tenebra, lo sguardo si fa più intimo: il poeta trema davanti alle sofferenze del mondo – il bambino sotto le macerie, il vecchio abbandonato, il malato tradito, l’amico ingannato. È una litania morale, una meditazione che mette in luce l’ambivalenza della ragione: il dono che distingue l’uomo, ma che può renderlo più temibile di un animale feroce. Eppure, tra le ombre, resiste una fiammella: «la speranza ancor non si è estinta».
La raccolta nel suo insieme si muove su questo crinale: tra luce e buio, tra fede e smarrimento, tra vita e tempo. Una cifra espressiva che conserva un sapore classicamente leopardiano – non a caso l’opera si apre con una citazione dal Pensiero 1725 di Leopardi – ma che si rinnova in una ricerca stilistica personale, “una nuova poesia” come lo stesso autore ha dichiarato.
Marrani intreccia esperienza biografica, sensibilità filosofica, cultura storica e fede nella parola: tutto confluisce in un viaggio in versi dove il pellegrino non è solo l’autore, ma ogni lettore disposto a guardarsi dentro.
Una poesia che non chiude, ma apre; non spiega, ma interroga; non consola, ma accompagna.
Nel “gran lago dei sentimenti”, come egli scrive, pochi doni sono davvero preziosi: questi versi sono tra quelli da custodire.
Due opere edite tratte da “I canti di un pellegrino”
Israele
Sulle rive insanguinate dei tuoi fiumi
e sul colle di Sion
grida ancora Isaia d’animo inquieto
per i tuoi figli perseguitati e persecutori.
Egli cantò come Omero il poema del suo popolo,
sfogò come Dante la sua nobilissima passione
patriottica,
dischiuse le porte del cielo come Milton
e scandagliò come Shakespeare i misteri del
cuore.
Oggi la sua voce si dissolve in polvere
né potrai vedere negli occhi dei secoli
schiuso il mistero del tuo popolo
che ancor racchiude pianti e sangue
nel seno di un destino arcano.
Nel cuore dolente di Mosè e Aronne sei nato
né il malvagio cuore ti ha leso o soggiogato
e a nuovi lutti ti condanna un ignoto fato.
Ma le tue insanguinate rive di sangue ancor
sazie non sono
e i profeti oggi chiamano il tuo popolo a nuove
virtù già incise
sul petto d’Elia il selvaggio uomo
né pace avevi o avrai
perché il cielo ti darà guerra se chiederai pace
e guerra se chiederai guerra
allora, ieri, oggi o domani:
questo è il ricatto che dà alla tua sventura
una linfa vitale tanto lunga.
Tenebra
Non basta una vita intensamente vissuta
né una morte ardentemente temuta
per comprendere che il dono della ragione
rende l’uomo cattivo più temibile
di un lupo feroce.
Tremo innanzi al dolore del mondo,
al tradimento dell’uomo sull’uomo,
al basso raggiro dell’amico sull’amico,
al bambino orbato tra le macerie bombardate,
al povero che maledice vita e indigenza,
al malato tradito dalla speranza,
all’emarginato ingiustamente reietto,
al vecchio languido segregato
sulle rive del fiume del suo sangue derelitto,
tremo all’apoteosi del sole arso
che arde la pelle incolpevole delle creature
terrestri,
tremo innanzi ai tormenti di chi ha pregato
Iddio
ma ne è stato vilipeso e tradito
e vive all’ombra dell’afflizione.
Misericordia e comprensione
ai malvagi appaiono malvagi
e fratellanza e virtù agli stolti paiono stolti.
Un solitario incedere in foreste lontane
è ormai solo un miraggio ma la fiammella
della speranza ancor non si è estinta.
Tutto si cangerà nella valle di Giosafat

























