Il Tar si è pronunciato. Ha respinto il ricorso di Aldo De Benedittis e confermato la legittimità dell’elezione di Marialuisa Forte a sindaca di Campobasso. Il centrodestra aveva “promesso” (ai suoi elettori) che quella sarebbe stata la linea del Piave: «Aspettiamo la sentenza, poi stacchiamo la spina». Ma, a oggi, nulla si muove. Nessun vertice convocato, nessuna riunione in programma. Solo silenzi. E, in politica, il silenzio dice molto più di mille comunicati.
De Benedittis ha lanciato l’appello ai segretari di partito e di coalizione. Invita a fare chiarezza. Ma nessuno sembra aver colto. Alla redazione di Primo Piano Molise non risulta alcuna iniziativa concreta in agenda per affrontare la crisi di Palazzo San Giorgio. E nel frattempo, nel centrodestra cittadino, cresce il malumore.
Gli eletti – quelli seduti oggi nei banchi della minoranza – aspettano segnali dai “piani alti”. Ma avvertono: stavolta non accetteranno diktat. «Nessuna imposizione da chicchessia», assicurano. E ognuno lo avrebbe già fatto sapere chiaramente ai rispettivi referenti regionali e provinciali, da Lotito a Patriciello, da Niro a Di Sandro, fino a Di Pietro e Cofelice.
La posizione, però, non è univoca. Perché nell’Aula di Palazzo San Giorgio siedono consiglieri con storie e consensi personali che – almeno secondo la loro percezione – valgono più del simbolo di partito. Lo dicono senza giri di parole: «L’Udc (o la Lega, Forza Italia, etc.) non mi ha dato nulla. Sono io che ho portato voti. E quindi ascolto solo i miei elettori». Una frattura culturale, prima ancora che politica.
Poi ci sono nomi come Colagiovanni, Esposito o Tramontano, che da anni “obbediscono” senza fiatare alle decisioni dei vertici. Hanno accettato candidati non graditi, strategie giudicate perdenti. Ma adesso dicono basta. E non è semplice “imporre” loro una mozione di sfiducia o una dimissione in blocco: risponderebbero che se la coalizione avesse puntato su uno di loro, probabilmente avrebbe vinto le elezioni. E chi può smentirli? Hanno fatto un passo indietro per l’ennesima volta, messo sul piatto centinaia di voti, sostenuto la campagna elettorale con risorse proprie. Ora chiedono: «Perché dovrei staccare la spina? Per chi? Per cosa?».
A rendere tutto più confuso è il dato politico emerso a maggio scorso, quando la frattura tra la sindaca Marialuisa Forte e il gruppo di Pino Ruta ha tolto alla maggioranza la sua spina dorsale. Da allora, il centrodestra avrebbe potuto cogliere l’occasione. E invece ha temporeggiato. È toccato al Tar togliere ogni alibi. Ma oggi, quello che resta, è un centrodestra fermo, diviso, senza una strategia.
Il caos interno è visibile. A tratti imbarazzante. Eppure, sono stati proprio i coordinatori regionali – dopo il famoso vertice romano con Claudio Lotito – a dettare la linea: «Aspettiamo l’esito del Tar, poi agiamo». Ma nei giorni successivi alla sentenza, nessuno si è mosso. E intanto la sindaca Forte, che non ha più il peso del Cantiere Civico ma neppure l’ingombro, si muove con disinvoltura. Ha incassato l’assestamento di bilancio, apre ai singoli consiglieri, rafforza la sua posizione. Sfrutta a proprio vantaggio il vuoto altrui. E trasforma la fragilità numerica in un’arma politica.
In questo clima, viene da chiedersi chi stia davvero governando la città. Chi tiene in piedi la maggioranza? Chi decide? Chi ha un progetto? Perché oggi il problema del centrodestra non è solo numerico, ma di visione e di coraggio. Nessuno, ad ora, sembra pronto ad assumersi la responsabilità di una scelta vera.
Il tempo delle scuse è finito. Il ricorso è archiviato. E il prolungato silenzio dei partiti parla da sé.
lc

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