C’era attesa per la riunione del centrodestra molisano dopo Ferragosto, un vertice che avrebbe dovuto chiarire le strategie sul futuro del Comune di Campobasso. Ma l’incontro non ci sarà. Almeno non a breve. Forse, dicono fonti interne alla coalizione, se ne riparlerà a settembre. Sempre che si riesca davvero a fissare una data.
Intanto, nel capoluogo la sensazione è quella di un centrodestra paralizzato, incapace di capitalizzare la crisi in cui versa l’amministrazione Forte. La sindaca, pur priva di una maggioranza solida dopo la rottura con il gruppo di Pino Ruta, continua a governare grazie a qualche sostegno esterno e al “soccorso” occasionale dell’opposizione che, garantendo numero legale o votando singoli provvedimenti, le consente di restare in piedi.
Secondo il manuale non scritto della politica, quando una coalizione non ha più i numeri, l’opposizione affonda il colpo. A Campobasso, invece, accade l’opposto: il centrodestra resta alla finestra, diviso e titubante.
Emblematica la posizione di Salvatore Colagiovanni, veterano del Consiglio comunale e campione di preferenze. «Questa è la mia quinta consiliatura – afferma – e ancora non ho compiuto cinquant’anni. Mi sento già esausto: è da tempo che sembra di combattere contro i mulini a vento. Se devo fare un salto nel vuoto, preferisco restare all’opposizione per i prossimi quattro anni. Voglio un programma serio e una rosa di candidati credibile. Non serve andare a pescare chissà dove: tra gli eletti ci sono consiglieri in grado di guidare la coalizione e vincere. Le mie non sono condizioni ma considerazioni: ho detto sì troppe volte, e i risultati hanno dato torto a chi le condizioni le ha imposte».
Parole che riflettono non solo un malessere personale, ma lo specchio di una coalizione ancora ferita dalla sconfitta elettorale e incapace di ritrovare compattezza.
Il rinvio delle decisioni potrebbe dipendere anche dal clima nazionale e dalle riforme in discussione in Parlamento. Due i punti principali: aumento degli assessori regionali. Un norma già approvata dalla Camera prevede la possibilità, per i presidenti delle Regioni con meno di un milione di abitanti, di allargare la giunta di due unità. Per il governatore Francesco Roberti significherebbe poter nominare due assessori in più, una leva politica non di poco conto. C’è chi sospetta che, in attesa di capire come si muoverà il presidente, i coordinatori regionali preferiscano congelare ogni scelta sul Comune di Campobasso.
Abolizione del voto disgiunto e modifica dei ballottaggi: la maggioranza che sostiene il governo Meloni ha approvato in Senato un disegno di legge che potrebbe cambiare radicalmente le regole nei Comuni sopra i 15mila abitanti. Se la norma sarà confermata alla Camera, non sarà più possibile votare un candidato sindaco e, al tempo stesso, una lista a lui non collegata. Inoltre, il ballottaggio scatterà solo se nessun candidato raggiungerà il 40% più uno dei voti validi, e non più la soglia del 50%.
Se questa riforma fosse stata in vigore nel 2019 e nel 2024, il centrodestra avrebbe conquistato Campobasso già al primo turno.
Lega e Fratelli d’Italia sostengono che l’abolizione del voto disgiunto eviterà situazioni di «paralisi amministrativa», quando il sindaco eletto non dispone di una maggioranza coerente in Consiglio. Ma le opposizioni parlano di «colpo alla libertà di scelta degli elettori»: il Pd e il M5S denunciano il rischio di un sistema meno democratico e più penalizzante per i cittadini.
Nel frattempo, a Campobasso la sindaca Forte sembra rafforzarsi proprio grazie all’immobilismo avversario. Più il centrodestra rinvia le sue decisioni, più lei si sente legittimata ad andare avanti, nonostante le fragilità numeriche.
Il rischio, per la coalizione, è quello di perdere un’altra occasione. Palazzo San Giorgio resta un obiettivo ambito: commettere il terzo errore consecutivo – dopo le ultime due sconfitte – sarebbe imperdonabile.
Oggi, però, il centrodestra appare prigioniero di tatticismi, calcoli di potere e attese infinite. E, in assenza di programmi, prospettive e un minimo di credibilità, chi finisce per legittimare la sindaca è proprio chi dovrebbe costruire l’alternativa.
Lu.Co.

























