«Meglio il silenzio che la denuncia: la questione palestinese non interessa al liceo “Galanti”. Nel noto liceo cittadino è stata negata la possibilità a giovani attivisti di confrontarsi con gli studenti sulle iniziative che in tutta Italia e in Molise stanno crescendo in sostegno della causa palestinese».
Questa la denuncia che arriva dal “Collettivo dal Basso per la Palestina”.
«Mentre le commissioni Onu riconoscono che a Gaza è in corso un genocidio, mentre l’Unione Europea discute di sanzioni e le istituzioni locali provano, almeno simbolicamente, a mobilitarsi, c’è ancora chi preferisce girarsi dall’altra parte. Ci sono alcune istituzioni scolastiche che scelgono il silenzio, rifugiandosi dietro pretesti inconsistenti: la paura di urtare la sensibilità di un ipotetico studente ebreo, qualora presente in aula, o il timore di “schierare politicamente” la scuola. Ma da quando parlare di pace è fare politica? E se davvero così fosse, seguendo la loro logica, le loro parole rappresenterebbero già una chiara scelta. Il diritto degli studenti ad essere informati e a formarsi un’opinione libera e critica non può essere sacrificato sull’altare della paura. Chi guida le scuole dovrebbe educare al pensiero, non nasconderlo sotto finti moventi. Restiamo umani» ha chiosato il Collettivo dal Basso per la Palestina.
Sulla questione sono intervenuti anche i collettivi universitari e studenteschi.
«Il divieto agli studenti di affiggere una locandina per il corteo pro Palestina a distanza di quattro giorni dalla manifestazione che il movimento 04/09 di Campobasso ha indetto per chiedere alla Regione Molise di condannare esplicitamente il genocidio in atto a Gaza, di riconoscere lo Stato di Palestina e dichiarare apertamente sostegno alla Global Sumud Flotilla. Vari giovani del Collettivo, gli scorsi giorni, hanno ottenuto il permesso in tutte le scuole superiori di Campobasso non solo di divulgare una lettera scritta da studenti per la scuola e la locandina della manifestazione ma, in alcune scuole, di poter parlare agli studenti in classe per informarli e sensibilizzarli sulla gravissima tragedia in corso a Gaza, ottenendo da alcuni dirigenti anche la possibilità di giustificare l’assenza il giorno del corteo che martedì 23, partendo alle 9:00 da piazza san Francesco, raggiungerà la sede del Consiglio Regionale a Campobasso. Il liceo in questione, invece, nella persona del dirigente scolastico e del direttore dei servizi generali e amministrativi, ha negato non solo la possibilità di divulgazione, ma ha imposto anche l’impossibilità di affissione della locandina, motivandola con il fatto che in bacheca non è possibile affiggere locandine di questo genere, schierate, di parte».
«La dirigente, reggente in corso del noto istituto campobassano, motivando il suo diniego con linee direttive avute chiaramente dal dirigente al momento in malattia, ha addirittura aggiunto che la locandina o la divulgazione della manifestazione, avrebbe potuto urtare la sensibilità di un ipotetico ragazzo ebreo, qualora fosse stato in una classe. Quello che sembra più strano è che operatori della conoscenza sembrano non aver ancora chiaro come in Palestina non ci sia una guerra in corso, con due eserciti schierati di cui prendere le parti per motivi vari, ma un genocidio premeditato da uno Stato terrorista che sta sterminando una popolazione».
«Manifestare per la situazione in Palestina – hanno proseguito i collettivi studenteschi – non è dunque prendere le parti di una o di un’altra fazione, è essere consapevoli che c’è un unico aggressore contro un’unica vittima. Ridurre il tutto ad un gioco delle parti rivela una preoccupante ignoranza o, in questo caso, sì, una preoccupante faziosità di stampo sionista. Preoccupante tanto più perché proviene da un luogo di cultura che dovrebbe fare di tutto per fornire gli strumenti con i quali schierarsi dalla parte giusta della Storia. E la parte giusta è solo una: il popolo palestinese. I bambini palestinesi. Che non vanno “definiti”, come l’aberrante richiesta fatta da Eyal Mizrahi, presidente dell’associazione “Amici di Israele”, nella trasmissione Carta Bianca. Ma vanno difesi. Manifestando. Facendo sentite le nostre voci. Sensibilizzando chi fa finta di non vedere, girandosi dall’altra parte. Diffondendo materiale, strumenti, conoscenza e coscienza. Quello che una scuola dovrebbe fare. L’istituto in questione oggi ha rivelato un volto sgradevole, contrariamente al nome che porta, fazioso, ossequioso di una linea politica insopportabilmente complice del baratro in cui l’Occidente ci sta inesorabilmente trascinando».

























