Tra i temi più caldi affrontati in aula è tornata con forza la questione scuole, in particolare l’istituto di via Berlinguer, diventato ormai terreno di scontro politico.
Incalzato dai giornalisti, il consigliere Ruta ha preso le distanze rispetto alla decisione di trasferire le classi della D’Ovidio in quella sede: «La scelta fu della giunta pentastellata, nello specifico dell’assessore Praitano – ha attaccato – e fu fatta senza tener conto dei requisiti urbanistici. Tant’è che si è dovuti intervenire con una delibera di Consiglio per sanare la situazione. Selvapiana presentava dieci punti critici, tutti agli atti e mai smentiti.
Anche la struttura si è resa conto che quei 3.5 milioni di euro necessari per riadattare l’area a edificio scolastico erano mal spesi» ha spiegato Ruta ribadendo che «si trattava di un edificio nato come capannone per animali negli anni ’80, privo di prove di vulnerabilità, indicazioni igienico-sanitarie e progettazione esecutiva». Ha quindi rivendicato le sue proposte alternative: «Avevo indicato locali al centro della città, baricentrici, più sicuri e funzionali. Bocciati. La responsabilità della scelta di via Berlinguer è di chi ha deciso nel 2024 e di chi, dopo un’estate brillante, non ha fatto neppure un sopralluogo prima di aprire una scuola dove mancavano le porte».
Immediata la replica della sindaca Forte, che ha respinto le accuse: «Sono state fatte scelte difficili, ma ponderate. Via Berlinguer è una sede idonea. Fu il Consiglio d’istituto della D’Ovidio ad esprimere contrarietà al trasferimento a Selvapiana, scelta condivisa anche dal Cantiere civico».
La sindaca ha ricordato gli sforzi compiuti nell’ultimo anno per trovare soluzioni: «Abbiamo sopperito grazie alla disponibilità della dirigente Villa con i locali dell’istituto Pilla e poi con altri spazi per le restanti classi.
Ricordo anche che lo stesso Consiglio d’istituto ha bocciato l’ipotesi di trasferire gli alunni nell’ex Avvocatura di via Garibaldi».
Poi la stoccata alla proposta di Ruta: «I locali reperiti nella Città nella città erano spazi commerciali con vetrine da un lato e ambienti interni bui, senza finestre né areazione. Non erano nemmeno sufficienti. E il prezzo richiesto era altissimo. Come sindaca, non potevo permettere che l’ente e di conseguenza i cittadini di Campobasso affrontassero una spesa simile. Io non faccio affari!».

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