Viaggi insieme, foto di famiglia sui social e stesso domicilio nonostante il divorzio: basterebbero questi dettagli per far crollare il castello di bugie di un imprenditore cinquantenne che credeva di aver messo al sicuro il suo patrimonio milionario con una separazione consensuale apparentemente di facciata. La Guardia di Finanza di Salerno e la Procura di Isernia hanno sequestrato beni per oltre 1,5 milioni di euro all’uomo che, dopo aver evaso tasse e IVA, aveva tentato di intestare tutto alla ex moglie e al figlio per sfuggire alle condanne definitive. Ma Procura pentra e finanzieri hanno scoperto che dietro società, immobili di lusso ai Parioli e costose auto si nascondeva sempre la stessa regia: quella dell’imprenditore – M.M. -, che continuava a tirare i fili del suo impero economico.
L’uomo, come accertato dal G.I.C.O. del Nucleo di polizia economico finanziaria di Salerno, non aveva presentato la dichiarazione dei redditi e aveva omesso il versamento di Iva e altre imposte: circostanza che nel 2017 aveva portato a due sentenze di condanna emesse rispettivamente dal Tribunale di Salerno e dalla Corte di Appello di Campobasso. A carico dell’imprenditore, in qualità di amministratore di una società operante nel settore del commercio di carni, era scattata quindi la misura di sicurezza della confisca, all’epoca eseguita soltanto in minima parte in ragione della incapienza del patrimonio del condannato.
Dagli approfondimenti della Guardia di Finanza, è emerso poi che la separazione consensuale del condannato dalla propria moglie, intervenuta pochi mesi prima che i provvedimenti giudiziari divenissero definitivi, fosse fittizia. A tal riguardo, gli “ex” coniugi, anche dopo la separazione, hanno continuato a condividere lo stesso domicilio, a viaggiare e soggiornare insieme in strutture ricettive nonché a farsi ritrarre unitamente agli altri componenti del nucleo familiare in fotografie pubblicate sui rispettivi profili social.
L’ulteriore attività investigativa ha permesso di accertare e ricostruire la posizione reddituale e patrimoniale dell’uomo e dei familiari, facendo emergere una situazione di difformità tra i redditi dichiarati e il tenore di vita, grazie ad un patrimonio indirettamente riconducibile all’uomo detenuto anche per il tramite di persone giuridiche formalmente partecipate dalla moglie e dal figlio.
Le investigazioni hanno evidenziato la disponibilità di una società commerciale esercente l’attività di bar e tabacchi, due ditte individuali, costosi autoveicoli, oltre ad una unità immobiliare sita nel quartiere Parioli di Roma.
«Questo risultato si inserisce nell’ambito delle attività istituzionali condotte sinergicamente da questa Autorità giudiziaria e dalla Guardia di Finanza, finalizzate all’aggressione dei patrimoni illecitamente acquisiti e riconducibili, direttamente o indirettamente, a contesti delinquenziali, agendo così a tutela e salvaguardia della parte sana del tessuto economico nazionale» – ha commentato il Procuratore Marco Gaeta.

























