La giustizia è senza ombra di dubbio una delle cartine di tornasole della maggioranza di destra-centro che regge il Governo Meloni, non foss’altro che per la storia della coalizione, quando era centrale la componente azzurra. Prova ne è stato il tentato braccio di ferro per la scelta del Guardasigilli, che ha visto poi prevalere il magistrato in pensione Carlo Nordio. Non a caso, subito in Consiglio dei Ministri provvedimenti che fanno discutere, come quello sulla conferma dell’ergastolo ostativo e il rinvio dell’entrata in vigore della riforma Cartabia. Ne abbiamo parlato con un giurista del calibro di Vincenzo Musacchio, che non si è mai trincerato dietro opinioni sibillini, specie in materie delicate, dove giustizia e criminalità convergono e il cuore dell’ergastolo ostativo è proprio la condizione degli affiliati alla criminalità organizzata. Decreto legge, quello firmato lunedì scorso che ha generato polemiche. Vincenzo Musacchio, criminologo forense, giurista e associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (Riacs) di Newark (Usa), è Ricercatore indipendente e membro dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra. Nella sua carriera è stato allievo di Giuliano Vassalli, amico e collaboratore di Antonino Caponnetto, magistrato italiano conosciuto per aver guidato il Pool antimafia con Falcone e Borsellino nella seconda metà degli anni ’80. È oggi uno dei più accreditati studiosi delle nuove mafie transnazionali, un autorevole studioso a livello internazionale di strategie di lotta al crimine organizzato. Autore di numerosi saggi e di una monografia pubblicata in cinquantaquattro Stati scritta con Franco Roberti dal titolo “La lotta alle nuove mafie combattuta a livello transnazionale”. È considerato il maggior esperto di mafia albanese e i suoi lavori di approfondimento in materia sono stati utilizzati anche da commissioni legislative a livello europeo.
In questi giorni è apparsa su un quotidiano nazionale l’autorevole opinione di Giovanni Maria Flick che ha sollevato “ombre d’incostituzionalità nel decreto sull’ergastolo ostativo”, lei condivide quest’opinione?
«Ho letto l’intervista e se non ho mal capito Flick troverebbe problematico che una norma subordini la concessione di un beneficio alla capacità del detenuto di fornire prove su eventi futuri e che la stessa si riferisca a un elemento del tutto vago qual è il “contesto”. Opinione rispettosissima ma che a mio parere non tiene sufficientemente conto dell’ambito applicativo di questo istituto e cioè la lotta alle moderne organizzazioni mafiose. In Italia gli stragisti (per tutti Totò Riina) hanno messo in pericolo la democrazia e con essa le sue Istituzioni. Che simili soggetti forniscano non solo prova ma garanzie oggettive d’interruzione di qualsiasi rapporto con la mafia mi sembra un requisito necessario per essere ammessi a qualsiasi beneficio penitenziario. Quanto alla vaghezza del concetto di “contesto” mi pare evidente che esso intenda quello mafioso e cioè l’organizzazione criminale, il “sistema di potere” fondato sul consenso e l’omertà della popolazione e sul controllo sociale, elementi questi in grado di incidere sulla politica, sull’economia e sulla finanza non solo a livello nazionale ma anche transnazionale. Questo strumento diventa necessario quando la restrizione della libertà personale, in mancanza di collegamenti attuali con la criminalità organizzata, sia il vero e unico freno per distogliere il soggetto dal commettere delitti, che possano mettere in grave pericolo l’ordine e la sicurezza dello Stato».
Secondo lei il provvedimento adottato dal Consiglio dei Ministri è conforme a quanto richiesto dalla Corte Costituzionale nel 2021?
«La Consulta con la sua ordinanza dell’11 maggio 2021 n. 97 ha tracciato per il Parlamento le modalità di modifica della norma sull’ergastolo ostativo. Occorreva eliminare il meccanismo per cui la mancata collaborazione fosse motivo di una presunzione negativa assoluta sulla persistente pericolosità del recluso precisando che una simile misura non lasciasse vuoti di tutela, rispetto alle esigenze di sicurezza sociale. Mi pare che il decreto si sia attenuto alle direttive della Corte Costituzionale. Naturalmente ogni provvedimento normativo è sempre migliorabile a maggior ragione questo che dovrà esser convertito. Se il decreto sia o no costituzionale, ovviamente nel nostro ordinamento c’è l’organo che giudica su questo, il mio parere, pertanto, sarebbe superfluo».
Il decreto approvato e già pubblicato in Gazzetta Ufficiale stabilisce che debba essere il detenuto a fornire gli elementi che escludano i collegamenti con la criminalità organizzata. Non le sembra eccessivo?
«Non mi sembra per nulla eccessivo. Se chiedo un beneficio e dichiaro di essere ravveduto, rispetto alla commissione di reati gravissimi, è ovvio che lo Stato mi chieda di dimostrare il ravvedimento. Ravvedimento che riguardi il passato ma anche il futuro. La Consulta ha ritenuto che fosse necessario escludere rischi di un futuro ripristino dei rapporti criminali. Un giudizio prognostico richiesto dalla legge sul comportamento futuro del condannato mi pare dunque plausibile in materia di delitti, quali quelli di mafia e di terrorismo, in grado di mettere in pericolo la sicurezza dello Stato».
Sempre il professor Flick ha sollevato dubbi di costituzionalità sulla necessità e l’urgenza di intervenire per decreto su una legge che la Corte costituzionale chiede di modificare da un anno e mezzo. Lei cosa ne pensa?
«Mi sembra che si sia già dato una risposta. Compete al Presidente della Repubblica compiere eventualmente una valutazione in merito. Personalmente non ravvedo problemi di costituzionalità, anzi, necessità e urgenza li vedo giustificati proprio dal rischio di veder uscire dal carcere personaggi – come i fratelli Graviano o Leoluca Bagarella – in grado di mettere in pericolo l’ordine pubblico e la sicurezza sociale dello Stato».
Come avrebbe modificato lei la legge se avesse potuto dare il suo parere in merito?
«La nuova legge non può non considerare come condicio sine qua non l’assenza di collegamenti attuali con la criminalità organizzata. Andrebbe valutato l’apporto del beneficiario al raggiungimento della verità. Dovrebbero esserci requisiti stringenti sul risarcimento in favore delle vittime e un’effettiva partecipazione del beneficiario a progetti di riabilitazione. A mio parere sarebbero questi i capisaldi di una proposta di legge sull’ergastolo ostativo. Una simile riforma consentirebbe di conservare un istituto, a mio giudizio, indispensabile nella lotta alle nuove mafie. Il decreto legge del Governo Meloni è un passo in avanti. È positivo che si sia affrontato il problema prima della nuova pronuncia della Corte Costituzionale. Nel bene o nel male si è agito politicamente non delegando alla magistratura decisioni che devono avere una valenza politica».
Secondo lei è possibile che la riforma dell’ergastolo ostativo sia il grimaldello per una funzione esclusivamente retributiva della pena modificata addirittura a livello costituzionale?
«Non credo e se fosse non sarei per nulla concorde. Penso tuttavia che non si debba fare il processo alle intenzioni. La pena nel nostro ordinamento penale è pluridimensionale. È punizione e opportunità al tempo stesso. Negare questo duplice scopo sarebbe pericoloso. La pena è afflittiva ma ha come scopo il recupero del reo e il suo reinserimento nella vita sociale. Alla luce di ciò non vi è dubbio che gli istituti alternativi alla detenzione siano la palese dimostrazione dell’avvenuto ravvedimento, della rieducazione e risocializzazione del condannato».
Se possibile ci dice come la pensa in merito alla scelta della Consulta di non rendere subito efficace la pronuncia sull’ergastolo ostativo?
«La condivido totalmente. È stata un decisione responsabile e adeguatamente motivata. Ci sono casi in cui la Corte debba posticipare l’eventuale dichiarazione d’incostituzionalità di una norma, se la ravvisa, in modo che la sentenza non infici o metta in pericolo l’ordine pubblico e la sicurezza dello Stato. Del resto proprio per garantire la governabilità, con la dichiarazione d’incostituzionalità del “Porcellum”, abbiamo avuto oltre un anno di Parlamento abusivo ma per molti necessario per garantire proprio la necessaria continuità di governo».
Mi pare di capire che eliminare l’ergastolo ostativo per gli associati alle cosche mafiose che non hanno mai collaborato con la giustizia, significhi indebolire la lotta alle mafie. È così?
«Sono tra coloro che ritengono ancora necessario questo strumento nella lotta alle nuove mafie. Nel momento in cui la criminalità organizzata diventa più potente e supera i confini nazionali noi cosa facciamo? Scardiniamo la legislazione antimafia voluta da Giovanni Falcone? Se la risposta è sì, allora dobbiamo avere il coraggio di dirlo».
Emanuele Bracone

























