Cosa porterà in dote all’Italia e a Termoli la nomina del nuovo Ceo Antonio Filosa? Sicuramente si rivedrà il piano industriale denominato “Dare Forward”, quello che puntava sull’elettrico e sulle Gigafactory. «Stellantis ha già avviato la revisione del piano strategico a lungo termine». Lo ha detto ieri Filosa ai dipendenti nel corso della sua prima Town Hall globale da Torino. «Ci prepareremo per il futuro. Abbiamo già iniziato a rivedere il nostro piano strategico a lungo termine, che condivideremo quando saremo pronti», ha detto Filosa nella sua presentazione. Tra le priorità chiave per l’azienda, ci sono la crescita del business attraverso il lancio di prodotti giusti che i clienti vogliono, e il miglioramento dell’esecuzione industriale. «Non c’è nulla di sbagliato in Stellantis che non possa essere risolto con ciò che è giusto in Stellantis». Tuttavia, sul nodo Gigafactory di Termoli i sindacati nazionali proprio ieri hanno chiesto un incontro urgente al Governo. «Futuro appeso a un filo per duemila lavoratori». La grande promessa del 2021 rischia di diventare il grande tradimento del 2025. Fim, Fiom, Uilm, Fismic, Uglm e Aqcf-R Al Mimit: «Subito risposte da Stellantis e Acc sul destino dello stabilimento molisano». Era l’11 luglio 2021 quando Stellantis annunciava ufficialmente l’avvio della terza Gigafactory europea proprio a Termoli, nel cuore del Molise. Un progetto da centinaia di milioni di euro, simbolo della transizione verso la mobilità elettrica e della volontà di riqualificare il sito industriale che per decenni ha prodotto motori a combustione. A quattro anni da quell’annuncio, lo stabilimento Stellantis di Termoli è invece sprofondato in un silenzio assordante, tra produzioni cessate, progetti sospesi e un futuro ancora tutto da scrivere. Ora i sindacati nazionali rompono gli indugi e inviano un segnale forte al Governo. Con una lettera formale datata 25 giugno 2025, indirizzata alla Segreteria del Capo di Gabinetto del Ministero delle Imprese e del Made in Italy e al ministro Adolfo Urso, le segreterie nazionali di FIM-Cisl, Fiom-Cgil, Uilm-Uil, Fismic-Confsal, Uglm-Ugl e Aqcf-R chiedono la convocazione urgente di un incontro presso il MIMIT, alla presenza delle società Stellantis e Acc, per chiarire le sorti dell’impianto termolese. I toni della missiva sono decisi e preoccupati. A quasi un anno dalla sospensione del progetto per la realizzazione della Gigafactory – scrivono i sindacati – e dopo la cessazione definitiva della produzione dei motori Fire, lo stabilimento è ormai in una fase di drastico ridimensionamento. Le attività e le ore lavorate sono state ridotte al minimo, ma da parte delle aziende coinvolte non è mai arrivata una comunicazione ufficiale su un nuovo piano industriale. «Non è stato ancora presentato alcun percorso credibile che garantisca prospettive occupazionali ai circa duemila lavoratori oggi formalmente dipendenti da Stellantis», denunciano le sigle sindacali. Una situazione che definiscono «non più tollerabile» e che rischia di generare una vera e propria emergenza sociale, oltre che economica, in un’area già colpita da anni di progressivo svuotamento industriale. Il progetto della Gigafactory – frutto della joint venture tra Stellantis, Mercedes-Benz e TotalEnergies tramite Acc – prevedeva la costruzione a Termoli di uno dei tre poli europei per la produzione di celle e moduli destinati alle batterie elettriche di nuova generazione. Dopo gli annunci iniziali, che avevano suscitato entusiasmo e speranze di rilancio per lo stabilimento e per tutto il basso Molise, qualcosa si è inceppato. La riconversione industriale è stata rallentata, poi congelata, infine dimenticata nei comunicati ufficiali.
Secondo quanto riferito dai rappresentanti sindacali, da mesi si assiste a un preoccupante immobilismo: nessun aggiornamento da Acc, nessun intervento da Stellantis, e un silenzio altrettanto inspiegabile da parte delle istituzioni. Eppure, ricordano i sindacati, quella di Termoli era una delle sfide più strategiche della transizione energetica italiana, non solo per i numeri in gioco ma anche per l’impatto simbolico: portare la rivoluzione elettrica proprio nel Mezzogiorno, dove più urgente è la necessità di investimenti industriali sostenibili. Ora, però, le promesse rischiano di trasformarsi in disillusione. «Senza un piano credibile – si legge nel documento – la transizione si traduce solo in tagli, cassa integrazione e perdita di competenze”. Una posizione netta, che mira a rimettere la questione termolese al centro dell’agenda politica nazionale. I firmatari – Stefano Boschini (Fim), Simone Lodi (Fiom), Gianluca Ficco (Uilm), Roberto Di Maulo (Fismic), Antonio Spera (Uglm), Giovanni Serra (Aqcf-R) – chiedono al ministro Urso di convocare un tavolo istituzionale con urgenza, per fare chiarezza sulle reali intenzioni delle aziende coinvolte. Il timore, non dichiarato ma evidente tra le righe, è che Termoli sia stata messa da parte, sacrificata in favore di altri stabilimenti europei più centrali o più competitivi sul piano fiscale e logistico. Un’eventualità che i sindacati respingono con forza, chiedendo al Governo di esercitare il proprio ruolo e le proprie leve per garantire un futuro allo stabilimento e alle famiglie che da esso dipendono. Nel frattempo, il territorio guarda con crescente inquietudine a una vertenza che rischia di diventare un fallimento emblematico. La Gigafactory, nata come simbolo di rinascita e innovazione, oggi rischia di diventare l’emblema di una promessa mancata. Per questo, concludono i sindacati, «non c’è più tempo da perdere: servono risposte, investimenti e una visione chiara. O Termoli morirà due volte: come fabbrica e come futuro».