La situazione dello stabilimento Stellantis di Termoli è diventata emblematica di una crisi più ampia che investe l’intero settore automotive europeo. «Non si tratta di una chiusura, come erroneamente riportato da alcuni titoli, ma di una profonda ristrutturazione che impone una riflessione seria sul futuro industriale del sito. A partire dal 1° settembre, tutti i 1.823 lavoratori saranno coinvolti in un contratto di solidarietà per un anno: una misura straordinaria che testimonia la gravità del momento. Il progetto iniziale di trasformare Termoli in una Gigafactory per la produzione di batterie elettriche è stato messo in discussione, complice il calo drastico delle vendite di veicoli elettrici e la scarsa attrattività del mercato. Stellantis ha registrato un -11% nel primo semestre del 2025, con circa 700.000 veicoli venduti: numeri che non lasciano spazio a interpretazioni. La transizione ecologica, spinta dalle politiche europee, si scontra con una realtà in cui le auto elettriche non vengono acquistate, e i dazi americani aggravano ulteriormente il quadro». Il presidente della Regione Molise, Francesco Roberti, ha sottolineato la necessità di ripensare lo stabilimento, non più come polo esclusivo per le batterie, ma come sito produttivo capace di realizzare motori tradizionali ancora utilizzabili fino al 2030. In questo senso, è stato richiesto un tavolo tecnico con il ministro Urso, le maestranze e i sindacati, per definire nuovi volumi produttivi e scongiurare un declino irreversibile. «La crisi di Termoli non è isolata: anche gli stabilimenti di Atessa, Pomigliano e Melfi sono in difficoltà, segno che il problema è sistemico e riguarda tutta l’industria automobilistica europea. La richiesta di un incontro al Mimit è sul tavolo da mesi, ma ad oggi non ci sono risposte concrete da parte di Acc, che aveva promesso aggiornamenti entro giugno. In questo contesto, il contratto di solidarietà diventa uno strumento difensivo per proteggere i lavoratori, garantendo rotazioni e coperture salariali parziali, ma non può essere la soluzione definitiva. Serve una visione industriale chiara, realistica e condivisa, che tenga conto delle dinamiche di mercato e delle esigenze del territorio. Termoli merita un futuro produttivo, non un limbo. E quel futuro va costruito ora, con coraggio, competenza e responsabilità». A intervenire anche Giovanni Mercogliano, segretario territoriale Fismic-Confsal Molise: «Abbiamo siglato un nuovo accordo per un contratto di solidarietà della durata di un anno, che coinvolgerà tutti i lavoratori dello stabilimento di Termoli. Lo abbiamo fatto con senso di responsabilità, che ci ha sempre contraddistinto, per affrontare una fase delicata di riassetto dello stabilimento e visto anche il perdurare della crisi del mercato delle auto, che non permette una piena ed adeguata occupazione. Siamo consapevoli che questo comporterà ulteriori sacrifici da parte dei lavoratori, che già negli ultimi anni hanno vissuto momenti simili con perdite economiche importanti”.
Intanto, prosegue Mercogliano, il piano sulle uscite volontarie è ancora aperto fino al 30 settembre per coloro che vogliono aderire. Inoltre, non si esclude la possibilità di nuove trasferte negli stabilimenti del gruppo per chi ne facesse richiesta.
Il segretario sottolinea: «La situazione è molto delicata e in stabilimento non tira una bella aria. C’è tensione per un futuro che è molto incerto. Il nuovo cambio elettronico (e-DCT) vedrà la luce solo alla fine del prossimo anno, mentre gli attuali motori prodotti hanno il loro destino legato interamente a scelte politiche e industriali discutibili. La Gigafactory è entrata nel dimenticatoio nonostante le promesse fatte e le garanzie della politica e del Governo. Termoli merita rispetto per quello che ha dato in oltre 50 anni di storia e per quello che ancora può dare. Il tempo non è più dalla nostra parte e gli ammortizzatori sociali sono uno strumento che non devono e non possono garantire l’occupazione. Serve chiarezza sul futuro industriale di Termoli e nuovi prodotti per una stabilità lavorativa e sostenibile». Infine, c’è chi pone la questione indotto, è la Uil Trasporti: «Non possiamo che esprimere forte preoccupazione per le pesanti ricadute che questa condizione di precarietà avrà non solo sui lavoratori diretti ma anche su tutti i comparti che gravitano attorno a Stellantis. In particolare, temiamo per il futuro occupazionale delle lavoratrici e dei lavoratori del comparto multiservizi, che quotidianamente operano all’interno e a supporto del sito industriale, garantendo pulizie, mense e manutenzioni, fino al settore del Trasporto Pubblico Locale, che da anni garantisce collegamenti dedicati per gli operai da diversi comuni della regione verso Termoli. Con una fabbrica ferma a singhiozzo, gli autobus rischiano di viaggiare vuoti, generando costi insostenibili per le aziende del Tpl e, di conseguenza, per la stessa Regione Molise. Tale scenario, unito a una viabilità interna pessima e poco sicura nei paesi limitrofi, rischia di mettere in ginocchio un settore già fragile. In una Regione piccola e fragile come il Molise, tale scenario rischia di trasformarsi in un vero e proprio tracollo occupazionale e sociale. Pertanto: chiediamo garanzie immediate per i lavoratori del comparto multiservizi e del Tpl; sollecitiamo interventi urgenti del Governo e della Regione Molise, affinché si apra un tavolo di confronto che eviti un vero e proprio tracollo occupazionale e sociale per il nostro territorio; ribadiamo la necessità di un piano industriale serio, chiaro e condiviso per lo stabilimento Stellantis di Termoli, unico strumento in grado di dare prospettiva certa a lavoratori e territorio Il Molise non può permettersi di pagare il prezzo più alto di strategie industriali calate dall’alto e prive di visione: senza un impegno concreto, il rischio è quello di un deserto produttivo e sociale che colpirebbe duramente centinaia di famiglie. La Uiltrasporti Molise sarà al fianco dei lavoratori in ogni iniziativa di mobilitazione e chiede che la politica, a tutti i livelli, faccia la propria parte per non cancellare un intero territorio dalla mappa industriale e dei servizi del Paese».

























