Sul vertice al Mimit di due giorni fa interviene Marco Laviano, segretario regionale della Fim-Cisl: «Non ci aspettavamo risposte in questa fase interlocutoria, l’incontro tra Filosa e il ministro Urso per noi non rappresenta ancora nulla. Manca l’incontro più importante in Parlamento Europeo, dove si scopriranno davvero le carte, dove ci sono paesi e costruttori che credono alla transizione ed altri in fortissimo ritardo. Di promesse, in questo periodo, i dipendenti di Stellantis ne hanno ascoltate tante.
Ma la verità è una: stabilimenti italiani che continuano a vivere di ammortizzatori sociali, spopolamento delle realtà industriali e, per ora, nessun investimento che sposi l’obiettivo 2035 sul processo di transizione green. Restiamo critici nei confronti del gruppo Stellantis che, pur vivendo difficoltà oggettive di un mercato impazzito e da regole europee (multe e scelte obbligate) che hanno messo in ginocchio l’intera filiera auto, ha difatti deciso con il precedente Ceo Tavares di delocalizzare molte produzioni in paesi dove la sostenibilità delle produzioni rende profitti diversi, sicuramente migliori rispetto all’Italia. Per tutta l’industria italiana e per il nostro tanto decantato “Made in Italy” è stata una mazzata diritta che ha ridotto le produzioni ai minimi storici.
Capiamo le scelte di una multinazionale di fare business, ma decidere di non montare nessun motore a benzina sui prodotti dell’ex gruppo Fca (Jeep, Lancia, Fiat, Alfa Romeo), preferendogli i motori Psa (Peugeot), la Pandina di Pomigliano, la Tonale, le Giulia e le Stelvio e l’attesa 500 hybrid di Mirafiori, poi qualche prodotto che va fuori dall’Italia in Brasile e Turchia (tipo 500 e Dodge), ha indirizzato il lavoro fuori dai confini italiani. È stata da parte nostra la prima grande critica rivolta al gruppo, ma era il prezzo da pagare.
Perché Stellantis ed Acc, in sede ministeriale, prendono impegno economico ed industriale di puntare sull’Italia come punto strategico per lanciare le produzioni di auto BEV, ora invece chiedono aiuto al governo italiano per supportare un inevitabile dietrofront. Quindi abbiamo perso pezzi di produzione, abbiamo perso occupazione, abbiamo perso investimenti… tutto per una fusione che ormai per tutti è una vera acquisizione, ed oggi come dargli torto. Voglio ancora dare fiducia alla famiglia Elkann ed al gruppo di investitori che crede nell’Italia, ma la misura è satura.
Continuiamo a chiedere nuovi prodotti per Termoli, il solo cambio eDCT dal lontano 2026 non basta, ma quello che serve è semplice: tornare a montare i motori Made in Italy sulle autovetture del gruppo e saturare le produzioni. Basterebbe un cambio di strategie industriali per ridare anche a Stellantis quell’appeal sul mercato che ormai ha perso, sia per gli infiniti problemi che gli attuali motori PureTech stanno dando, sia per scelte di mercato che fanno andare il consumatore su scelte diverse, su competitor con altri prodotti.
Termoli e tutti gli stabilimenti italiani sono in balia delle non scelte o delle mezze scelte. A questo punto la domanda mi viene spontanea: inutile continuare a chiedere se non veniamo ascoltati, forse serve ora mobilitare tutti gli stabilimenti italiani a partire dal nostro. Anche Termoli merita rispetto. Il governo si assuma la responsabilità di incontri ministeriali che non hanno prodotto nulla, solo chiacchiere. Stellantis la responsabilità verso un paese che conta ancora 42.000 dipendenti diretti e tanti indiretti, che continuano con impegno a far crescere il brand e le finanze nonostante le paure dovute alle tante, troppe incertezze».
Andando sul concreto, Laviano sostiene che, invece, puntando forte sull’ibrido si andrebbe incontro alle esigenze di mercato e sicuramente si rilancerebbero le nostre produzioni. La neutralità tecnologica l’avevamo supportata già due anni fa, quando parlavamo di ibrido e fuel alternativi». Il segretario generale Ferdinando Uliano esprime forte preoccupazione per situazione volumi e ammortizzatori. «Abbiamo più volte ribadito la necessità di incontrare in tempi brevi il nuovo amministratore delegato di Stellantis, Antonio Filosa. Sarebbe un segnale importante non solo verso i lavoratori, ma anche verso il Paese, dato il ruolo strategico che il gruppo Stellantis ricopre in Italia.
La situazione degli stabilimenti italiani si sta rivelando ulteriormente negativa in questo 2025, con il ricorso massiccio alla cassa integrazione che interessa la totalità dei siti produttivi e coinvolge mediamente il 50% dei lavoratori. È indispensabile migliorare il piano industriale per gli stabilimenti italiani, soprattutto alla luce di un peggioramento significativo dei volumi produttivi. In particolare, va affrontata con urgenza la delicata condizione dello stabilimento di Termoli: lo stop all’investimento sulla Gigafactory richiede un nuovo impegno da parte di Stellantis per garantire prospettive e nuove attività alla fabbrica di motori molisana.
Per tutti gli altri stabilimenti italiani è necessario rispettare gli impegni sui nuovi lanci produttivi annunciati nel Piano d’inizio anno: occorre aprire una vera discussione su ulteriori assegnazioni di prodotti capaci di sviluppare nuovi volumi e di rafforzare la presenza industriale nel nostro Paese.
Sollecitiamo inoltre il Governo a riaprire il tavolo Stellantis per individuare soluzioni condivise e utili non solo agli stabilimenti, ma anche alle attività dell’intera filiera dell’indotto».
Critica anche la Uilm: «Dall’incontro di Stellantis con il Ministro Urso purtroppo pare non essere emerso nulla di concreto e questo a ben vedere è molto pericoloso, poiché sembra che si voglia nascondere i problemi oggettivi degli stabilimenti italiani dietro un velo di debole ottimismo». Lo dichiara Gianluca Ficco, segretario nazionale Uilm responsabile del settore automotive. «Per superare il ricorso alla cassa integrazione – spiega Ficco – occorre completare le assegnazioni di vetture ibride a tutte le fabbriche italiane, a cominciare da Cassino, e soprattutto allestirle con motorizzazioni adeguate. Un rilancio delle motorizzazioni endotermiche non solo permetterebbe di salvaguardare la fabbrica di meccaniche di Termoli, ma più in generale sosterrebbe le vendite delle automobili che sono in procinto di essere lanciate». «Quanto al Ministero delle Imprese e del Made in Italy, sarebbe il caso – aggiunge Ficco – che desse finalmente seguito al lavoro istruttorio già svolto insieme, sgravando il costo dell’energia, oggi insostenibile per molte realtà produttive, rifinanziando i contratti di espansione, per favorire un ricambio professionale, ed elaborando una strategia di sostegno per l’indotto, che è il settore che più di tutti sta pagando questa fase di incertezza».«Infine in sede europea – conclude Ficco – chiediamo una presa di posizione netta, per rivedere radicalmente le politiche sull’elettrico, cancellare il sistema delle multe e restituire ai consumatori la libertà di scelta». Nella giornata di oggi, mercoledì 10 settembre, l’assessore regionale alle attività produttive Andrea Di Lucente, parteciperà alla quarta edizione della Conferenza annuale dell’Alleanza delle Regioni Automobilistiche (Ara), che si terrà a Monaco di Baviera.
L’Alleanza delle Regioni Automobilistiche è una piattaforma europea con l’obiettivo di promuovere il dialogo istituzionale, rafforzare la cooperazione interregionale e garantire che le politiche europee tengano conto delle esigenze e delle peculiarità dei territori. L’Ara ha tra i principali obiettivi la transizione ecologica, la coesione sociale ed economica, il sostegno agli ecosistemi regionali. Le Regioni che ne fanno parte si riuniscono periodicamente per discutere e coordinare le azioni necessarie per far valere le proprie istanze nel dibattito politico e normativo europeo.
Nel corso dell’assemblea plenaria, l’assessore Di Lucente interverrà per portare all’attenzione dei partecipanti le criticità che interessano il territorio, in un momento cruciale per la definizione delle politiche industriali, ambientali e occupazionali legate al futuro della mobilità.

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