Una mattinata di impegno civile, partecipazione e presa di coscienza collettiva. Così si è presentato ieri il centro cittadino di Termoli, attraversato da un corteo studentesco imponente, nato dall’iniziativa unitaria dei rappresentanti e delle rappresentanti di istituto delle scuole superiori di Termoli e Guglionesi, con l’adesione anche del liceo di Larino. Centinaia e centinaia di studenti (superate le mille presenze) hanno scelto di scendere in strada per ribadire un messaggio chiaro e inequivocabile: «Non essere indifferente».
La protesta, annunciata nei giorni scorsi attraverso una locandina diffusa in tutte le scuole, aveva un titolo diretto e potente: Non essere indifferente! Nel manifesto si leggeva: «Il 22 settembre, tutte le scuole di Termoli e dintorni sono invitate ad aderire allo sciopero nazionale per la Global Sumud Flotilla e per prendere una posizione chiara e netta al fianco della Palestina, condannando quello che è il governo fascista israeliano». Un appello che spiegava subito la natura apartitica della mobilitazione, chiarendo che non si trattava di un’iniziativa di parte, ma della volontà degli studenti e delle studentesse di alzare la voce contro un’ingiustizia che non poteva più essere ignorata.
La locandina sottolineava: «Vogliamo far capire che noi siamo dalla parte giusta della storia, siamo e saremo sempre al fianco dell’oppresso, mai dell’oppressore, e questa è l’occasione per dimostrarlo». Un testo che chiamava in causa direttamente le nuove generazioni, invitandole a prendere coscienza e a non voltarsi dall’altra parte. «I bambini non si toccano», si leggeva in chiusura, insieme allo slogan: Palestina libera!.
Il ritrovo è stato fissato alle 8.30 in piazza Donatori di Sangue, alle spalle del liceo scientifico. Poco dopo le 9, il corteo si è mosso attraversando le principali vie del centro di Termoli, diretto verso piazza Sant’Antonio. Striscioni, cartelli, bandiere palestinesi, megafoni: il cuore pulsante di una manifestazione sentita, partecipata e scandita da cori e applausi. La presenza massiccia degli studenti ha dato la dimensione di un fronte comune compatto e determinato.
Nonostante la delicatezza del tema, l’iniziativa si è svolta in modo ordinato, con le forze dell’ordine a presidiare e accompagnare la marcia, garantendo sicurezza e fluidità al corteo. L’imponenza della partecipazione non è passata inosservata: Termoli non assisteva da tempo a una mobilitazione studentesca così numerosa e sentita.
Arrivati in piazza Sant’Antonio, gli studenti hanno dato vita a un momento collettivo di riflessione e confronto. Qui i rappresentanti di istituto hanno preso la parola, riprendendo e ampliando i contenuti dell’appello lanciato nei giorni precedenti.
Uno degli interventi ha sottolineato con forza: «Non possiamo restare indifferenti di fronte a quello che accade in Palestina. Quello che si sta consumando è un genocidio di persone inermi, e l’indifferenza generale che percepiamo a ogni livello della società è assurda e inaccettabile. Questa protesta nasce dalla volontà della nostra generazione di non restare in silenzio, di far sentire la nostra voce e di dire che stiamo dalla parte giusta». Parole accolte da applausi scroscianti.
Un’altra studentessa ha rimarcato il carattere apartitico dell’iniziativa: «Siamo qui non per fare politica di parte, ma per dimostrare che i giovani hanno coscienza e che non si girano dall’altra parte quando assistono a ingiustizie. Il nostro compito è quello di iniziare un percorso di impegno civile, che metta al centro la vita e la dignità delle persone. La neutralità, di fronte alla sofferenza, non è un’opzione».
Un rappresentante del liceo ha aggiunto: «Il nostro appello non è solo per gli studenti, ma per l’intera cittadinanza. Chiediamo a tutti di prendere posizione, perché il silenzio è complicità. Vogliamo che questa giornata sia un punto di partenza per un impegno costante, non un episodio isolato. Da oggi in avanti vogliamo costruire un fronte unito contro ogni forma di oppressione».
La protesta di Termoli si è intrecciata anche con lo sciopero nazionale del 22 settembre per il Global Climate Strike. Un filo rosso ha legato dunque le istanze ambientali a quelle sociali, nella consapevolezza che le grandi battaglie del nostro tempo non possano più essere affrontate separatamente. «La lotta per la giustizia climatica e quella per la giustizia sociale – hanno sottolineato gli organizzatori – sono parte dello stesso impegno. Non possiamo difendere l’ambiente se non difendiamo anche la vita e la dignità delle persone».
Questa sovrapposizione ha rafforzato il senso della giornata, trasformando lo sciopero in un’occasione più ampia di partecipazione, in cui la questione palestinese è diventata simbolo di tutte le oppressioni e le ingiustizie che i giovani non vogliono più tollerare.
La manifestazione non è stata soltanto un corteo, ma un laboratorio di democrazia dal basso. Con Manuel Di Fazio, Luca Cannarsa, Michele Rinaldi, Edward Kijak, in piazza Sant’Antonio, infatti, non si sono alternati soltanto i rappresentanti di istituto: è stato dato spazio a qualsiasi ragazzo o ragazza che volesse intervenire. Alcuni hanno letto testi preparati, altri hanno parlato a braccio, portando riflessioni personali, emozioni e storie. Una pluralità di voci che ha reso evidente quanto la questione palestinese non sia percepita come un tema lontano o estraneo, ma come una ferita aperta che riguarda tutti.
Molti hanno parlato del diritto all’infanzia negato ai bambini di Gaza, altri hanno insistito sul valore della solidarietà e sull’importanza di costruire reti di impegno. «La nostra generazione – ha detto una giovane studentessa – vuole dimostrare che non è disinteressata, che non vive solo di social e di superficialità. Abbiamo a cuore il futuro, nostro e del mondo, e siamo pronti a lottare per cambiarlo».
La piazza ha visto anche la presenza di insegnanti, genitori, cittadini comuni, sindacalisti dell’Usb ed esponenti politici, persino alcuni rappresentanti istituzionali, che hanno preferito però rimanere defilati per lasciare spazio ai giovani. La volontà degli studenti era chiara: l’iniziativa doveva essere riconosciuta come interamente loro, senza strumentalizzazioni. «Questa è la nostra voce, la voce degli studenti», hanno ribadito più volte dal megafono.
La città ha ascoltato. Molti passanti si sono fermati ad assistere, alcuni si sono uniti al corteo, altri hanno applaudito spontaneamente. L’atmosfera che si è respirata a Termoli ieri mattina è stata quella di un impegno autentico, genuino, che ha ricordato le grandi mobilitazioni giovanili di un tempo.
Al centro di tutto è rimasto il messaggio lanciato già dalla locandina: «Non essere indifferente». Una frase semplice, quasi elementare, ma capace di condensare un intero universo di significati. Gli studenti hanno voluto dimostrare che l’indifferenza è la più grande alleata dell’oppressione, e che il primo passo per cambiare le cose è non voltarsi dall’altra parte.
Il corteo di Termoli, in questo senso, ha rappresentato un piccolo ma significativo tassello di una mobilitazione più ampia, che ha visto in tutta Italia studenti e cittadini scendere in piazza per rivendicare giustizia. Ma per la città adriatica la giornata di ieri resterà una tappa importante: la dimostrazione che anche in un territorio periferico rispetto ai grandi centri, i giovani sanno organizzarsi, mobilitarsi e far sentire la propria voce.
L’iniziativa non si è conclusa con lo scioglimento del corteo. I rappresentanti di istituto hanno già annunciato la volontà di dare seguito a quanto avvenuto, organizzando nuovi momenti di confronto, incontri, assemblee. L’idea è quella di creare un fronte permanente di studenti uniti, capace di affrontare non solo la questione palestinese, ma tutte le tematiche che riguardano i diritti, l’ambiente, la pace e la giustizia sociale.
In molti interventi è emerso proprio questo: la consapevolezza che il corteo del 22 settembre non deve restare un episodio isolato, ma il punto di partenza di un percorso. «Abbiamo dimostrato che siamo tanti, che abbiamo voce e forza – ha detto un rappresentante –. Ora dobbiamo dimostrare che sappiamo anche dare continuità a questo impegno».
La manifestazione di ieri a Termoli resterà impressa come un momento di forte impatto, non solo per la partecipazione numerica, ma per l’energia e la chiarezza con cui i giovani hanno saputo comunicare il proprio messaggio. In un tempo in cui spesso si accusa la nuova generazione di apatia e disinteresse, gli studenti e le studentesse di Termoli e dintorni hanno dato una risposta netta: l’indifferenza non appartiene loro.
Hanno scelto di schierarsi, di scendere in strada, di gridare «Palestina libera!» e di ricordare che i bambini non si toccano. Hanno ricordato che la neutralità di fronte al genocidio non è accettabile, e che la storia chiede di prendere posizione. Hanno fatto tutto questo con passione, ordine e maturità, dimostrando che il futuro, se affidato a loro, può essere davvero diverso.
Una mattinata di impegno civile, dunque, ma anche di speranza. Perché se un’intera generazione sceglie di non essere indifferente, allora forse un cambiamento è davvero possibile. Ultimo aspetto da segnalare, con l’iniziativa di Marcella Stumpo, consigliera comunale, l’esposizione della bandiera della Palestina dal municipio.

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