Nel porto le vongolare restano immobili, legate agli ormeggi come da troppo tempo accade. La loro prua guarda il mare ma non lo solca: da agosto e fino alla fine di ottobre il comparto termolese della pesca alle vongole ha scelto ancora una volta di fermarsi. Una scelta che non nasce da calcoli economici, ma dall’amara constatazione di un mare sempre più povero, incapace di garantire la riproduzione naturale della chamelea gallina, il mollusco che per decenni ha sostenuto famiglie e tradizioni. Una decisione sofferta ma necessaria, nata dall’intreccio di valutazioni scientifiche, richieste del consorzio e pareri ministeriali, tutti concordi nel ritenere indispensabile la tutela di un ecosistema marino sempre più fragile. Le ultime analisi dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e del Molise hanno infatti confermato un drastico depauperamento dei banchi naturali lungo il litorale molisano, con livelli di biomassa commerciale molto inferiori alla soglia di sostenibilità. In questo contesto, il Co.Ge.Vo. Termoli ha chiesto e ottenuto la proroga del fermo pesca, sostenuto da una deliberazione assembleare e da un fitto scambio con il Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste. L’attività in mare, al momento, è limitata soltanto a uscite di monitoraggio scientifico insieme ai biologi dell’Izs, come quella avvenuta questa mattina. Al rientro, abbiamo raccolto la testimonianza di Basso Colonna, uno degli armatori storici del comparto. «Ieri mattina – spiega Colonna – abbiamo fatto due prelievi, due transetti nei punti che avevamo individuato come migliori. La mia barca di solito è quella che si occupa di questi sondaggi: a nord, a luglio, avevamo trovato un po’ di novellame e siamo andati a vedere la situazione. Ma ora abbiamo trovato il deserto: né bucce, né vongole, più niente. Così ci siamo spostati a sud, in un’altra zona che speravamo potesse dare qualche segnale positivo. In realtà sono comparse altre specie di molluschi, che in dialetto chiamiamo “paparazzi”, ma non sono commerciabili, non hanno mercato. Dunque, non servono a nulla». La difficoltà maggiore, sottolinea Colonna, è la totale assenza di riproduzione naturale: «Il problema grosso è che non vediamo novellame. Non c’è stata la moria come in passato, ma non c’è nemmeno crescita: non si riproducono, c’è come un’infertilità. E questo ci preoccupa tantissimo. Non sappiamo quale sia la causa, i biologi stanno ancora studiando la situazione e non hanno ancora fornito risposte definitive. L’anno scorso sembrava esserci un po’ di ricambio, ma anche quello si è perso, ed eccoci di nuovo al punto zero». La sospensione delle attività non è un fatto recente: «Sulla carta – prosegue Colonna – questo nuovo fermo dura due mesi, ma in realtà sono oltre due anni che non riusciamo a lavorare davvero. L’ultima giornata di pesca l’abbiamo fatta a dicembre 2023, dopodiché non siamo più riusciti a portare a terra neanche un carico. Non è che non vogliamo uscire: semplicemente non c’è prodotto e le spese superano di gran lunga i ricavi. Siamo venti famiglie che vivono di questo mestiere, ma i numeri sono drammatici». Il tema dei ristori, recentemente erogati dalla Regione Molise per circa 200mila euro, non basta a tamponare l’emergenza: «Quei fondi – commenta Colonna – servono solo ad alleviare in minima parte la ferita. È come mettere acqua ossigenata su una piaga profonda. La verità è che ci vorrebbero risorse ben più consistenti, perché io faccio questo lavoro da quarant’anni e non ho mai visto una situazione simile. Se almeno trovassimo il seme delle vongole, potremmo sperare in un futuro, ma non c’è proprio nulla. Questa non è una crisi, è una tragedia».
Il comparto dei molluschi bivalvi non è nuovo alle difficoltà, spesso aggravate anche da fattori esterni. «Al Nord – ricorda Colonna – i banchi vengono distrutti dal granchio blu. Anche noi lo abbiamo avuto, ma non quest’anno. Stavolta sono state altre cause, ancora sconosciute, a dare il colpo di grazia. Per questo i prelievi e gli studi sono fondamentali: non servono solo a fare una diagnosi, ma anche a cercare possibili soluzioni. Noi monitoriamo insieme ai biologi, ma purtroppo non riusciamo nemmeno a vedere il novellame per poterlo analizzare. È come se il ciclo vitale delle vongole si fosse interrotto». Il messaggio che arriva dal mare di Termoli, dunque, è chiaro: senza una risposta scientifica rapida e un sostegno concreto, il comparto rischia di non rialzarsi più.

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