Finisce in Procura, ancora una volta, la vicenda dolorosa e complessa di Andrea Costantini, il 38enne trovato senza vita lo scorso 15 settembre all’interno di una cella frigorifera di un supermercato di Termoli dove lavorava, l’Eurospin di via Corsica. Un episodio che, nelle prime ore, era stato letto come un gesto estremo. La famiglia dell’uomo non crede al suicidio e ha presentato una denuncia alla Procura della Repubblica di Larino, chiedendo di fare piena luce su quanto accaduto. A muoversi sono stati i genitori di Costantini, entrambi abruzzesi residenti a Penne (Pescara), che attraverso il loro legale, l’avvocato Piero Lorusso, hanno depositato un esposto in cui ipotizzano omicidio o, in subordine, istigazione al suicidio. Nel documento – corposo e corredato da una serie di allegati fotografici – la famiglia sostiene che sul corpo del figlio sarebbero visibili «strani segni intorno al collo che fanno fortemente presumere uno strangolamento». Secondo i genitori, dietro quella morte potrebbe celarsi una storia di violenze domestiche. Andrea avrebbe manifestato la volontà tornare a vivere nel paese d’origine, lavorando nell’azienda agricola del padre. Una decisione che, secondo la famiglia, avrebbe creato tensioni all’interno della coppia. Ma c’è di più. L’esposto, che ora è al vaglio della magistratura, contiene anche ipotesi di collegamenti con la criminalità organizzata, chiedendo alla Procura di verificare «l’eventuale infiltrazione della criminalità nel territorio abruzzese e molisano e il possibile nesso con la morte di Andrea». Parole pesanti, che ampliano lo scenario investigativo e sollevano interrogativi ancora senza risposta. L’avvocato Lorusso, nel testo depositato, ha avanzato una serie di richieste di approfondimento: lo svolgimento dell’autopsia per chiarire le cause effettive del decesso; una perizia grafologica sul biglietto che l’uomo avrebbe lasciato, per accertare se sia stato effettivamente scritto da lui; l’audizione protetta del figlio minore della coppia, di appena 11 anni; accertamenti sui sistemi di videosorveglianza del supermercato e il sequestro delle immagini riprese dalle telecamere. Tutti elementi che, nelle intenzioni della famiglia, potrebbero contribuire a ricostruire la verità e a capire se davvero si sia trattato di un suicidio o di un dramma di altra natura. Sarà ora la Procura di Larino, guidata dal procuratore capo Elvira Antonelli, a valutare il materiale e a decidere se aprire un fascicolo d’indagine o, al contrario, disporre l’archiviazione. Chiamata in causa direttamente dai genitori del 38enne, la compagna Angela Dileva, attraverso il proprio difensore, Paola Cecchi, ha diffuso una nota ufficiale con cui respinge ogni accusa e invita a fermare quella che definisce una campagna mediatica ingiusta e dannosa. «Il compianto Andrea Costantini – si legge nella dichiarazione – non aveva manifestato alcuna intenzione di riprendere rapporti professionali con l’azienda di famiglia, né risultano atti, documenti o iniziative che possano avvalorare tale circostanza. Le ricostruzioni diffuse dalla famiglia Costantini, prive di riscontri e di fonti verificabili, sono pertanto totalmente destituite di fondamento e contribuiscono unicamente ad alimentare speculazioni che ledono la memoria del defunto e la serenità dei suoi cari». L’avvocato Cecchi sottolinea anche le ripercussioni psicologiche che la diffusione di queste notizie avrebbe avuto sul figlio della coppia: «Si evidenzia, con profonda preoccupazione, che la pubblicazione di tali notizie – peraltro facilmente accessibili online – ha già arrecato un grave pregiudizio al figlio minore, di soli undici anni, esponendolo a una dolorosa e ingiustificata attenzione pubblica in un momento di estrema fragilità emotiva». Da qui l’appello della difesa: «Invitiamo i familiari a rispettare la dignità del figlio e della genitrice, astenendosi da ulteriori divulgazioni che possano ledere il loro diritto alla riservatezza e alla serenità familiare».


























