Il question time di ieri pomeriggio in Commissione Attività produttive alla Camera segna un passaggio politico cruciale nella vicenda della Gigafactory di Termoli. Per la prima volta, attraverso la risposta del viceministro Valentini, il Governo ha di fatto confermato ufficialmente che il progetto originario di Acc – la grande fabbrica di batterie nata dalla joint venture tra Stellantis, Mercedes-Benz e Total Energies – non sarà più realizzato in Italia. Una dichiarazione pesante, che arriva a distanza di due anni dalla presentazione del progetto e che rischia di compromettere non solo il futuro industriale del Molise, ma l’intera strategia nazionale per la transizione energetica dell’automotive. A presentare l’interrogazione è stata la deputata del Movimento 5 Stelle Emma Pavanelli, firmataria insieme ai colleghi Appendino, Cappelletti e Ferrara. Nell’intervento introduttivo, Pavanelli ha ricordato la forte inquietudine generata dalla notizia – trapelata nei giorni scorsi – secondo cui Acc starebbe valutando di ritirarsi definitivamente dal progetto già dall’inizio del 2026: «La possibile rinuncia di Acc alla realizzazione della Gigafactory desta molta preoccupazione, non solo per la Regione Molise ma per l’intera strategia italiana sulle batterie. Chiediamo quali iniziative urgenti intenda assumere il Governo per salvaguardare un investimento ingente e strategico, che in origine doveva essere sostenuto anche con fondi Pnrr poi dirottati su altro». Parole misurate, ma chiare: il Parlamento chiede alla maggioranza conto di una scelta che rischia di depauperare un territorio e lasciare migliaia di famiglie in un’incertezza drammatica. Il viceministro Valentini ha risposto con una ricostruzione puntuale ma inequivocabile. Tra le righe, e spesso anche in modo esplicito, è arrivata la conferma del cambio di rotta: Acc non realizzerà più la Gigafactory a Termoli. Le risorse Pnrr originariamente destinate al progetto sono già state reindirizzate verso altri investimenti “coerenti con la transizione energetica”. Termoli verrà inserita nella produzione del nuovo cambio a doppia frizione eDCT per veicoli ibridi – circa 300.000 unità l’anno per 300 addetti. Valentini ha ricordato che Stellantis ha comunicato la scelta nel corso del confronto sindacale, annunciando che lo stabilimento molisano lavorerà in parallelo con Mirafiori e con Metz (Francia). Ma è sul progetto batterie che arriva la conferma più amara: «Il progetto della Gigafactory rappresentava un’opportunità rilevante per la reindustrializzazione dell’area e per l’intero sistema automotive italiano. Tuttavia, alla luce del mutato contesto competitivo internazionale, si è proceduto alla riconversione delle risorse e alla ricerca di altre prospettive industriali». In altre parole: Italia fuori dal piano europeo sulle batterie, Termoli esclusa dalla produzione strategica del futuro. Il Governo ha poi richiamato la necessità di una strategia europea condivisa, citando una recente iniziativa congiunta Italia–Germania per chiedere incentivi UE al settore automotive e alla filiera continentale delle batterie. Ma il messaggio politico resta: il Paese non avrà più una Gigafactory nazionale. La deputata 5 Stelle ha espresso un giudizio severo: «La risposta non è soddisfacente: conferma che l’azienda sta cambiando i programmi e che l’Italia non avrà la propria Gigafactory. È molto grave. La scelta arretra il Paese rispetto alle necessità della transizione industriale ed ecologica. Termoli deve restare un polo strategico nazionale ed europeo». Pavanelli ha anche ricordato che ACC non ha ancora ufficializzato nulla, mentre i sindacati hanno già proclamato una mobilitazione regionale per sabato 29 novembre a Termoli, segno di un clima di forte allarme. Alle considerazioni di Pavanelli si sono aggiunte quelle di Roberto Gravina che ha definito “palliativi minimi” le compensazioni industriali proposte: «Ridurre Termoli al solo eDCT significa negare un futuro alla fabbrica e alla filiera. Non si crea nuova occupazione qualificata, non si costruisce una filiera italiana delle batterie. Il Governo manca di una strategia nazionale chiara». Gravina critica anche il ruolo delle istituzioni locali di centrodestra, accusate di immobilismo e di non aver esercitato alcuna pressione politica o negoziale sul Governo. Le parole del viceministro Valentini confermano quanto molti osservatori sospettavano: il progetto della Gigafactory in Italia aveva iniziato a scricchiolare già nel 2023-2024, complice: la frenata degli investimenti europei sulle batterie, la competizione asiatica sempre più forte, i ritardi accumulati da Acc nella realizzazione dei tre poli previsti, i continui rimpalli tra Governo, Stellantis e Unione europea sulle condizioni di finanziamento. Il Governo, scegliendo di riconvertire i fondi Pnrr, aveva già di fatto archiviato l’ipotesi Termoli, pur senza dirlo esplicitamente. Ora, però, la conferma arriva ufficialmente in Parlamento. Il Molise rischia una crisi industriale strutturale. La perdita della Gigafactory significa molto più della rinuncia a un grande impianto: spariscono 2.000 posti tra diretti e indotto, il territorio vede evaporare l’unico progetto europeo di livello strategico, l’Italia esce dalla competizione sulle batterie, un settore cardine della mobilità elettrica, Stellantis riduce ulteriormente il peso industriale del Mezzogiorno. Il rischio – come denunciato dai sindacati – è che il sito venga progressivamente marginalizzato, perdendo volumi, investimenti e centralità nella produzione europea. Il Movimento 5 Stelle chiede ora: un tavolo permanente con Governo, parti industriali e sindacati; un piano di investimenti straordinario per il Molise e per il settore batterie; una politica industriale seria, che non subisca le scelte delle multinazionali ma provi a orientarle; garanzie occupazionali esplicite per tutti i lavoratori del sito di Termoli. La conclusione è netta: «La battaglia continua su tutti i livelli istituzionali. Occorre chiarezza immediata e responsabilità politica concreta, con strumenti straordinari per i lavoratori e per il territorio. L’Italia non può perdere una filiera strategica come quella delle batterie».

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