«Non dobbiamo chiedere permesso al futuro». Da questa frase, rilanciata sui social all’indomani della manifestazione di sabato 29 novembre con la presenza di Propaganda Live e di Diego Bianchi, nasce una proposta destinata a rompere gli equilibri e a mettere Termoli davanti a uno specchio scomodo: smettere di aspettare Stellantis e iniziare a chiamare in causa nuovi protagonisti dell’automotive globale. A lanciare la provocazione – che più che uno slogan è un cambio di paradigma – è Pierfrancesco Citriniti, che parte da una constatazione amara ma lucida: «Siamo arrivati a un punto in cui questa città deve guardarsi allo specchio e dirsi la verità. Non quella comoda, non quella che addormenta le coscienze. La verità è che Stellantis non rappresenta più una certezza per il futuro di Termoli». Parole che pesano, soprattutto se lette sullo sfondo di anni di annunci, piani industriali evocati e mai realmente calati a terra, tavoli ministeriali che si susseguono senza una prospettiva chiara per centinaia di lavoratori e per l’intero indotto. Secondo Citriniti, continuare a confidare in strategie che non si vedono, in transizioni annunciate ma non governate, significa scegliere – di fatto – un declino lento e silenzioso: «Non possiamo più permetterci il lusso di restare fermi. È finito il tempo dell’attesa. È iniziato il tempo del coraggio». Il coraggio, in questo caso, ha un nome preciso: BYD. Il colosso cinese dell’elettrico, oggi tra i principali player mondiali del settore, sta consolidando la propria presenza in Europa e valutando nuovi insediamenti produttivi. Da qui la domanda che sposta l’asse del discorso: perché non essere noi a bussare? La proposta è chiara: costruire un’iniziativa politica e territoriale che parta da Termoli e arrivi fino ai tavoli nazionali e internazionali, per esplorare la possibilità di un ingresso di BYD nello stabilimento di Termoli e, più in generale, nei siti italiani in maggior difficoltà. «Perché non proporre a BYD l’acquisizione dello stabilimento di Termoli e degli altri siti italiani in crisi? Non c’è nulla di provocatorio. C’è solo la volontà di aprire una strada nuova, concreta, possibile», insiste Citriniti, ribaltando l’idea che l’unico scenario sia quello di attendere passivamente le mosse di Stellantis. Le obiezioni le conosce già, e le affronta di petto: «Qualcuno dirà: “Ma sono cinesi”. Io rispondo che il lavoro non ha nazionalità. Il lavoro parla la lingua della dignità. E chi porta investimenti, tecnologia e occupazione merita almeno di essere ascoltato». Una posizione che non cancella i temi geopolitici, industriali, di concorrenza e di tutela del know-how, ma rifiuta l’uso della paura come alibi per l’immobilismo. In altre parole: o Termoli diventa soggetto attivo nel ridefinire il proprio futuro industriale, o continuerà a subire scelte prese altrove, tra consigli di amministrazione e ministeri lontani. La visione che viene messa sul tavolo è quella di un polo dell’elettrico moderno, competitivo, capace di connettere la tradizione manifatturiera del territorio con la nuova stagione della mobilità sostenibile. «Se chiamassimo BYD – sostiene Citriniti – questa città tornerebbe a respirare. Gli operai tornerebbero a vedere futuro, non solo sopravvivenza. L’indotto ripartirebbe. Termoli diventerebbe un punto strategico del Mediterraneo». Non un sogno astratto, dunque, ma la richiesta di aprire un dossier vero, con numeri, tempi, scenari occupazionali, in grado di dare ai lavoratori qualcosa di diverso dai comunicati di rito. Il messaggio alle istituzioni è diretto, senza diplomazia di circostanza: «Mi rivolgo al Presidente della Regione Francesco Roberti, al Sindaco Nico Balice, alle sigle sindacali. È il momento di mettere questa proposta sul tavolo del Ministero delle Imprese e del Made in Italy e dirlo chiaramente al Ministro Urso: Termoli vuole vivere. Adesso». Non si tratta solo di scrivere una lettera o protocollare un documento, ma di assumere pubblicamente una linea politica: smettere di girare intorno al problema e chiedere, a voce alta, che Termoli diventi parte di una strategia industriale e non “danno collaterale” delle scelte di gruppo. In questo quadro, la presenza delle telecamere di Propaganda Live alla manifestazione di sabato scorso non è un dettaglio di colore, ma un’occasione di narrazione nazionale: la crisi di Termoli non è una vertenza di provincia, ma un pezzo di una storia più grande, che riguarda la transizione dell’automotive italiano ed europeo, le paure delle aree interne, la tenuta sociale di interi territori. Questa sera, su La7, la voce degli operai e delle sigle metalmeccaniche avrà spazio nel consueto appuntamento del venerdì: un amplificatore importante, ma che da solo non basta se non viene seguito da decisioni, proposte, atti formali. Citriniti chiude il suo intervento con una frase che suona come un confine netto tra ieri e domani: «Non aspettiamo che qualcuno venga a salvarci. Chi vuole vivere deve chiedere, deve proporre, deve chiamare. E Termoli vuole vivere».


























