E se la montagna avesse partorito un topolino sulla revisione del pacchetto Ue dell’automotive, resa nota due giorni fa? L’attesa sul nostro territorio è legata tutta alla sorte dello stabilimento Stellantis di Termoli che, da futuro perno del progetto Dare Forward con cui l’azienda avrebbe voluto anticipare il full electric al 2030, insediando a Rivolta del Re l’unica Gigafactory italiana di Acc, si è trovata completamente scoperta.
Il gruppo guidato da Antonio Filosa, pur riconoscendo il passo avanti, afferma che le proposte non affrontano in modo significativo le problematiche del settore. «Il pacchetto non fornisce una traiettoria praticabile per il segmento dei veicoli commerciali leggeri, che si trova in una situazione critica, né le flessibilità richieste dal settore per le auto entro il 2030. L’introduzione della neutralità tecnologica attraverso la revisione dell’obiettivo di riduzione delle emissioni di CO₂ per il 2035 è un passo importante ma, nella forma attualmente proposta, non favorirà la produzione di veicoli accessibili alla stragrande maggioranza dei clienti. Stellantis accoglie con favore la creazione di una nuova categoria di auto piccole e accessibili, a cui saranno associati vari vantaggi, nonché il sostegno promesso alla catena del valore europea delle batterie. L’iniziativa per una flotta aziendale verde darà inoltre un utile impulso alla domanda di veicoli a basse emissioni. Come gruppo con radici industriali storiche in Europa, Stellantis sostiene con forza il principio del contenuto locale ma, fino a quando non sarà disponibile una definizione chiara, il pacchetto rimane incompleto anche su questo punto fondamentale. Stellantis collaborerà in modo costruttivo con tutte le parti interessate per adottare la legislazione richiesta il più presto possibile nel 2026».
Per il segretario generale Fim-Cisl Ferdinando Uliano e il coordinatore nazionale automotive Stefano Boschini è «seppur tardivo, un primo passo: finalmente accolta la nostra richiesta di neutralità tecnologica, ma servono anche investimenti per le politiche industriali. La decisione dell’Ue di rivedere lo stop ai motori termici dal 2035 e il sì a motori ibridi e alimentati a biofuel va incontro alla richiesta di neutralità tecnologica, che noi come Fim, insieme alle altre organizzazioni sindacali, portiamo avanti da quando l’Ue ha proposto le regole sul Green Deal. Introduce inoltre elementi di flessibilità sulle sanzioni, sulle flotte aziendali, sui veicoli commerciali e sui veicoli pesanti. La proposta originaria presentava già dalle prime battute grosse carenze sul piano della sostenibilità sociale e della tenuta del sistema dell’automotive nel continente europeo, soprattutto per la mancanza di una strategia complessiva su infrastrutture, incentivazioni e investimenti, determinando una posizione di svantaggio rispetto all’aggressiva concorrenza cinese sostenuta dallo Stato. Quest’anno, a febbraio, abbiamo organizzato una grande manifestazione a Bruxelles con i sindacati metalmeccanici di tutt’Europa per chiedere all’Ue di sostenere con forti investimenti l’intera industria europea e la necessità di rivedere il Green Deal sulle auto, che prevedeva lo stop delle motorizzazioni endotermiche entro il 2035 e multe pesanti per i produttori europei. La proposta che prevede per il settore automotive la possibilità di avere motorizzazioni ibride e termiche di auto e furgoni è un primo passo che va nella giusta direzione: rivede il rigido regolamento sulle emissioni, consentendo alle case automobilistiche di ridurre dal 2035 le emissioni di CO₂ allo scarico del 90% rispetto al 2021, non più del 100% come oggi previsto, introducendo il concetto di neutralità tecnologica».
Per la Fiom-Cgil, «la decisione dell’Unione Europea di modificare la norma che prevedeva lo stop ai motori endotermici entro il 2035 fa venir meno tutti gli alibi che in questi anni sono stati utilizzati per giustificare la mancanza di investimenti nel settore automotive in Italia. Ora Stellantis non ha più scuse: deve investire nel nostro Paese e rilanciare la produzione industriale. Per quanto riguarda i nostri territori, è indispensabile potenziare lo stabilimento di Termoli, attraverso l’introduzione di nuove produzioni di motori, capaci di rivitalizzare il sito e garantire prospettive occupazionali. In questo quadro non può e non deve essere esclusa la possibilità di riavviare il progetto della Gigafactory, anche alla luce del fatto che l’Europa ha stanziato oltre un miliardo di euro per la realizzazione di batterie. Per l’Abruzzo, e in particolare per l’ex Sevel, Stellantis deve presentare un piano industriale chiaro e vincolante per la realizzazione del nuovo Ducato, con investimenti adeguati a garantire continuità produttiva, occupazione e qualità del lavoro. In questo contesto non ci sono più scuse. Il Governo deve assumersi fino in fondo la propria responsabilità, convocando Stellantis e le parti sociali per esigere un piano di investimenti concreti e verificabili. È inoltre necessario coinvolgere le Regioni, affinché possano attivare percorsi di supporto all’ammodernamento dell’indotto, favorendo anche processi di diversificazione produttiva. Venuto meno l’alibi del 2035, la questione è ormai chiara: o Stellantis investe seriamente in Italia sull’automotive, oppure emerge con evidenza che l’azienda ha un piano di uscita dal nostro Paese. Una prospettiva che la Fiom Abruzzo-Molise – riferisce Alfredo Fegatelli – non è disposta ad accettare e che contrasterà con ogni strumento sindacale e di mobilitazione necessario.
La proposta combina questa flessibilità con un meccanismo di compensazione, ma necessita di ulteriori modifiche. Le emissioni saranno compensate sia se i produttori utilizzano acciaio a basse emissioni di carbonio, sia tramite l’utilizzo di carburanti elettrici e biocarburanti su strada. Una proposta quest’ultima molto utile anche per il settore dell’acciaio europeo. In ultimo è sicuramente positiva anche la decisione di incentivare la produzione europea di mini-car elettriche accessibili. La proposta, che ora dovrà essere sottoposta al Parlamento e al Consiglio europeo, consentirà ai produttori di automobili e furgoni di raggiungere gli obiettivi nell’arco di cinque anni ed evitare di ricevere multe nel primo anno se non li raggiungono. Rimane sempre aperta la necessità di politiche industriali a livello europeo e nazionale, con fondi specifici, per sostenere il settore e recuperare il ritardo tecnologico accumulato negli ultimi anni».
«A un passo dal baratro, l’Europa ha deciso di cambiare le assurde regole della transizione all’elettrico nel settore auto, introducendo maggiore flessibilità e puntando all’obiettivo della neutralità tecnologica, senza lo stop imposto dal 2035. Finalmente l’Europa ha ascoltato il grido d’allarme che lanciamo da anni, scioperando in Italia e arrivando fino a Bruxelles, sotto la sede della Commissione». Lo dichiara Rocco Palombella, segretario generale Uilm. «Se si fosse andati avanti con quelle scelte scellerate, saremmo presto arrivati alla desertificazione industriale, con la perdita di centinaia di migliaia di posti di lavoro e un disastro sociale ed economico senza precedenti. Una transizione rappresenta una rivoluzione industriale e deve essere accompagnata dalle istituzioni con condizioni, norme, strumenti, investimenti straordinari e scadenze flessibili, non con imposizioni irragionevoli e dannose. L’Europa ha perso molto tempo, ma ora ci auguriamo che si inverta subito la rotta per salvare una filiera produttiva, decine di stabilimenti e professionalità riconosciute in tutto il mondo. Oggi è stato fatto un primo passo per cercare di rilanciare il settore, ma la strada è ancora lunga: ora ci aspettiamo l’abolizione delle assurde multe sulle emissioni ai gruppi automobilistici e di tutte le regole folli del Green Deal, restituendo ai cittadini la libertà di scegliere quale auto acquistare. Si apre una nuova fase per il settore auto: si avvia un percorso di risalita e di rilancio di un comparto che rappresenta l’asse portante dell’industria italiana ed europea. La transizione deve avere al centro investimenti europei ingenti ed efficaci, il rilancio degli stabilimenti, la piena salvaguardia occupazionale e norme che difendano il mercato europeo dall’invasione di auto provenienti da altri Paesi, a partire dalla Cina. È stato raggiunto un primo risultato, ma il rischio per il futuro dell’auto non è ancora stato sventato. Noi vogliamo continuare a produrre auto e motori endotermici e per questo continueremo a chiedere al Governo italiano e all’Unione europea di non ripetere gli errori nefasti del passato».
Tornando al contesto locale, per Marco Laviano (Fim-Cisl): «Il mondo del lavoro, i sindacati, i costruttori di auto e la società civile chiedevano da tempo una revisione delle normative sulla transizione ecologica; Bruxelles si è finalmente pronunciata e le nuove misure allentano, almeno in parte, la pressione sui costruttori. Se questo rappresenti un passo decisivo per salvare l’industria dell’automotive in Italia e in Europa è ancora presto per dirlo, ma è indubbio che si tratti di un avanzamento, una soddisfazione a metà: ora la palla passa ai costruttori, passa soprattutto a Stellantis per quanto riguarda l’Italia e in particolare Termoli. L’allentamento delle regole sulla transizione green apre infatti alla possibilità che l’endotermico sopravviva grazie a sanzioni meno oppressive, alla neutralità tecnologica, ai carburanti alternativi e a componenti capaci di ridurre le emissioni di CO₂ nei motori; tutto questo dovrebbe spingere le aziende ad accelerare il rinnovamento tecnologico e a sostenere comunque la produzione di veicoli elettrici nei prossimi anni. Ma la risposta, oggi, è davanti ai nostri occhi: Termoli deve tornare produttiva. Termoli, in questa nuova prospettiva, deve avere da Stellantis la possibilità di riprendere la produzione di biocarburanti e biofuel per i motori endotermici, GPL, metano, soluzioni che riducano particolato e CO₂. Sono queste le aspettative che portiamo avanti, perché Bruxelles si è espressa nonostante le divisioni tra i Paesi europei, e ora tocca ai costruttori dimostrare se intendono cogliere questa occasione. Come sindacato continueremo a essere vigili e a chiedere per Termoli e per l’Italia produzioni massicce, perché vogliamo che l’industria dell’auto torni a essere un pilastro centrale della nostra economia».
Così la Uilm Molise: «Un primo passo importante, ora servono scelte concrete. La revisione della modifica al Trattato europeo in materia di settore automotive rappresenta un primo passo importante e atteso, frutto anche delle pressioni e delle mobilitazioni messe in campo dal mondo del lavoro e dalle organizzazioni sindacali. Si tratta di un segnale che va nella giusta direzione, perché riconosce finalmente la necessità di conciliare la transizione industriale con la tutela dell’occupazione e lo sviluppo dei territori. Non può esistere una transizione giusta se questa avviene scaricando il prezzo sui lavoratori e sulle comunità che da decenni sostengono il comparto automotive. Ora però servono atti concreti e politiche industriali chiare: investimenti, sostegno all’innovazione, costi energetici sostenibili e strumenti che accompagnino davvero imprese e lavoratori in questa fase di profondo cambiamento. Come organizzazione sindacale continueremo a vigilare e a far sentire la nostra voce, affinché l’Europa, il Governo e le imprese assumano fino in fondo la responsabilità di difendere il lavoro, garantire occupazione di qualità e assicurare un futuro industriale ai territori.
In particolare, attendiamo ora scelte chiare e concrete da parte di Stellantis, a partire dallo sviluppo e dal rilancio dello stabilimento di Termoli, sito strategico per l’intero comparto automotive e per l’economia del territorio molisano. Servono investimenti, missioni produttive e prospettive industriali certe, non rinvii o soluzioni temporanee».

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