CRISITNA NIRO

Se devo raccontare l’abbraccio di una comunità ad un ragazzo di 18 anni morto dopo sette giorni di coma a causa di un fatale incidente stradale, allora questa volta chiedo che siano stravolte le regole del giornalismo disciplinato da raziocinio freddo e programmato. Laddove il diktat è “la notizia”, sic et simpliciter, oggi domando che non sia così.
Perché la notizia è la morte di un ragazzo di 18 anni. È la storia di sua sorella, 15 anni, che lotta per la vita in un letto d’ospedale. È il flashback di un violento incidente accaduto per il fatale sollevamento di un giunto del viadotto lungo la Tangenziale Ovest di Campobasso. È la consapevolezza che oggi una famiglia lotta con un dolore incommensurabile.
Davanti a tutto questo di notizia sic et simpliciter c’è poco. Dunque se qualcuno si aspetta il solito racconto impersonale, non sarà quello di questa volta. Né si leggerà alcun tentativo di tenere a bada le emozioni.
Martedì, 25 giugno un intero paese è a lutto. Alle 11.30 a Campochiaro sono previste le esequie di Davide. Domenica sera quelle linee ondulate che comparivano sui monitor del reparto di Rianimazione dove era ricoverato dal 17 di giugno si sono appiattite. Davide ha smesso di vivere.
“Morte cerebrale” per dirla con le parole della scienza.
“Il suo cuore può continuare a battere” per dirla con le parole dell’amore. Le stesse che hanno scelto mamma Mirella e papà Tonino. I genitori di Davide hanno voluto che il cuore del loro ragazzo fosse donato a qualcuno nel mondo che lotta contro la morte. L’ultimo gesto di amore per continuare ad esistere sapendo che una parte di Davide, anche in questa bizzarra vita terrena, c’è ancora. Un filo vitale che può aiutare una madre, un padre, un fratello e una sorella a guardare avanti, un cuore che tornando a battere nel petto che lo riceverà può garantire la sopravvivenza di altri cuori che continueranno a pregare per il loro ragazzo andato via troppo presto.
Le campane non sono a festa. Non ancora. L’arrivo del feretro di Davide è accompagnato dal quel rintocco lento e mesto che si confonde con il pianto di tanti giovanissimi che gremiscono la piazza del paese. C’è il sole, ma oggi sembra infastidire. Stona con il lutto dell’anima. Eppure qualcuno di questi ragazzi invece dice “C’è il sole perché Davide era il raggio di luce nel buio delle vite di molti di noi”.
Silenzio, lacrime strozzate in gola, fazzoletti che si impregnano, mani che si stringono, ginocchia che tremano. La salma di Davide è appena arrivata. La seguono con occhi attenti e gesti premurosi i genitori. E c’è Gianluca, il fratello più grande di Davide, che sostiene le spalle piccole e oggi ancora più minute della sua mamma. C’è papà Tonino che prova come ogni padre ad essere l’uomo forte di casa. Ma i sentimenti davanti a queste tragedie non concedono distinzioni. E non si è mai forti abbastanza.
Ecco gli amici di Davide. Vestiti tutti uguali: jeans e t-shirt bianca sulla quale hanno stampato una foto del loro amico e hanno scritto: “Ti vogliamo bene. Sarai sempre nei nostri cuori”. Con questo messaggio stampato sulle maglie, afferrano il feretro bianco. Lo portano sulle spalle e con una forza che fa a pugni con la loro età (appena maggiorenni) e con le loro figure esili riescono ad accompagnare Davide fino alla chiesa madre. In cima al paese. A piedi. Senza esitare un istante.
Lungo il percorso campeggia il sorriso bellissimo di Davide, affisso ovunque nelle foto che ritraggono un adolescente spensierato come ogni ragazzo nel pieno della vita. Anzi, che si appresta appena alla vita.
Tanti i messaggi. Fiori, nastri e palloncini bianchi. Padre Giovanni accoglie la salma. Inizia il santo rito dell’Eucarestia. Il vangelo è quello di Giovanni e racconta la morte di Lazzaro. Anche in queste Parole c’è una sorella, Marta, che dice a Gesù: “Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto”, parole che pesano come macigni se si ha la presunzione di immaginarle mentre Davide e Carmen venivano trasportati in due ambulanze verso l’ospedale di Campobasso.
E Giovanni scrive ancora: “Ma anche ora – dice Marta – so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà”. Gesù risponde: “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno”. E le parole di Cristo sono le stesse che padre Giovanni invece dirà alla famiglia di Davide provando non a spiegare la morte del loro figliolo (perché non si può) ma a consolare, invece, il dolore tentando di dargli un senso.
“Mi piace pensare – dice don Giovanni – che persone della mitezza, della dolcezza, dell’altruismo di Davide siano richieste dal Signore in Paradiso. Sono certo che Dio aveva bisogno di lui. Ma non ci ha lasciati soli perché l’anima non muore mai”. Anche a don Giovanni le lacrime si strozzano in gola. Conclude esprimendo tutto il suo amore per Davide “Grazie per quello che ci hai dato. Ti voglio bene”.
Tocca agli amici. Ognuno di loro vuole esprimere a quella bara bianca davanti al Santissimo Cuore di Gesù l’affetto di cui spesso nei rapporti interpersonali ci si dimentica credendo che il tempo a nostra disposizione sia lungo, infinito. Invece no. Il tempo per amare è sempre poco. “Davide sarai la stella più bella che illuminerà il nostro cielo” dice Lucia. “Mi diplomerò senza te ma so che non mancherai di aiutarmi anche durante gli esami, come hai sempre fatto in questi anni quando nel tuo banco, con i capelli scombinati, ti impegnavi sui libri pronto ad aiutare chiunque fosse in difficoltà” dice invece un compagno di classe.
La celebrazione è terminata. Il feretro è pronto per l’ultimo abbraccio: palloncini bianchi che si alzano al cielo, le spalle degli amici che lo sorreggono, le lacrime inconsolabili che solcano i volti tesi, il conforto che quel cuore continua a battere, la speranza che il sorriso di Davide riaccenda presto quello di Carmen. Ciao Davide.

 

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