Sarà eseguita stamane a Benevento l’autopsia sul corpo di Elisa Polcino, la donna uccisa dal marito Salvatore Ocone nella strage in famiglia avvenuta a Paupisi lo scorso 30 settembre.
L’incarico è stato affidato ieri mattina, nel corso di una udienza in tribunale, al medico legale Francesco La Sala, coadiuvato da Raffaele Goglia e Raffaella Petrella.
L’udienza per affidare l’incarico per l’autopsia sul corpo di Cosimo Ocone, il figlio ucciso dal padre, si terrà invece mercoledì.
Gli esami saranno eseguiti presso l’ospedale di Benevento. Solo dopo la conclusione degli accertamenti saranno fissati i funerali, che – come chiesto dal figlio superstite Mario – si terranno con una cerimonia congiunta. In quella data, il Comune di Paupisi proclamerà il lutto cittadino.
Intanto resta detenuto nel carcere di Campobasso il 58enne Salvatore Ocone, autore del duplice omicidio e del tentato omicidio della figlia sedicenne Antonia, ancora ricoverata al Neuromed di Pozzilli. I sanitari hanno avviato la graduale riduzione della sedazione farmacologica: la giovane resta in coma, ma i parametri vitali sono stabili.
Nel frattempo, dalle carte dell’ordinanza di convalida del fermo firmata dalla gip di Campobasso Silvia Lubrano, emergono nuovi e inquietanti dettagli sulla notte della tragedia. Il giudice descrive Ocone come un uomo «che ha agito con ferocia omicida», capace di «una determinazione lucida e spietata», e sottolinea il rischio concreto che, se rimesso in libertà, possa «commettere nuovi e atroci delitti, anche nei confronti del figlio maggiore Mario, risparmiato solo perché al momento della strage si trovava a Rimini per lavoro».
Secondo la ricostruzione, Ocone si sarebbe svegliato nel cuore della notte, tra le 4 e le 5, avrebbe preso dal giardino un masso del peso tra 5 e 7 chili e, in quello che ha definito «uno scatto improvviso», avrebbe colpito la moglie nel sonno, poi la figlia e infine il figlio Cosimo, che si era svegliato ed era sceso dalle scale.
Agli inquirenti ha dichiarato: «Mi è schizzata la testa, come una molla. Ho colpito i miei figli perché non volevo che restassero soli senza la madre».
L’abitazione di famiglia è stata trovata completamente intrisa di sangue, con tracce di trascinamento e impronte di scarpe. Dopo la strage, Ocone ha caricato i corpi in auto e ha guidato fino alle campagne di Ferrazzano, dove è stato rintracciato dai carabinieri a torso nudo e ricoperto di sangue. Con sé aveva ancora la figlia agonizzante e il corpo senza vita del figlio.
La gip evidenzia come l’uomo, pur accorgendosi che i figli respiravano ancora, non abbia tentato di portarli in ospedale, scegliendo invece di restare nascosto tra la vegetazione. Un comportamento che il giudice definisce indice di «straordinaria pervicacia criminale» e di una «totale incapacità di percepire il disvalore delle proprie azioni».
Sul profilo clinico dell’indagato, l’ordinanza ricorda che Ocone soffriva di psicosi cronica e nel 2011 era stato sottoposto a trattamento sanitario obbligatorio per depressione.
Davanti al giudice, Ocone si è avvalso della facoltà di non rispondere. Il suo difensore, avvocato Giovanni Santoro, ha descritto il suo assistito come «una persona dissociata dalla realtà, incapace di comprendere la gravità di ciò che ha fatto».
Un quadro complesso e drammatico, che unisce fragilità psichica, probabile rifiuto delle cure e violenza familiare.
A Paupisi, intanto, si attende in silenzio il giorno dell’addio, mentre tutta la comunità resta aggrappata a un solo desiderio: che Antonia sopravviva, per restituire almeno una voce a una tragedia che ha spezzato per sempre una famiglia.
ppm

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