Eseguivano un piccolo prelievo di circa 20 euro solo per far scattare il time-out dello sportello e ottenere così una finestra temporale utile per piazzare l’esplosivo. Poi, con rapidità millimetrica, inserivano la cosiddetta “marmotta”, un manufatto artigianale contenente polvere pirica, progettato per far saltare in pochi secondi la cassaforte interna del bancomat. È questa la tecnica – altamente pericolosa e ormai diffusa in diversi territori – utilizzata dalla banda con base nel Foggiano sgominata dai Carabinieri del Comando Provinciale di Campobasso, al termine di un’indagine durata mesi.
L’operazione, coordinata dalla Procura della Repubblica di Larino, ha portato all’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip del Tribunale di Larino nei confronti di quattro soggetti, tutti tra i 30 e 40 anni con precedenti e ritenuti appartenenti a un’associazione criminale specializzata negli assalti agli sportelli Atm in diverse regioni del Sud Italia. Altre tre, invece, le persone denunciate.
L’inchiesta ha preso avvio l’8 aprile 2024, dopo un assalto a un bancomat di San Martino in Pensilis. Da quell’episodio i Carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Larino – sotto il coordinamento della Procura frentana – hanno iniziato a ricostruire la rete, i movimenti e il modus operandi del gruppo.
Dalle complesse attività investigative è emersa una struttura criminale ben delineata, con ruoli precisi e competenze specifiche: in particolare, uno dei componenti aveva il compito di produrre le marmotte artigianali utilizzate durante gli assalti, impiegando materiali di saldatura e polveri piriche.
Secondo gli inquirenti, i soggetti partivano dalla loro area d’origine – la Puglia, in particolare la provincia di Foggia – per colpire sportelli automatici e istituti di credito individuati nelle regioni vicine. Utilizzavano autovetture di grossa cilindrata di provenienza furtiva, successivamente “bonificate” e sostituite non appena compromesse dalle attività di indagine.
Il lavoro dei Carabinieri ha permesso di localizzare proprio una delle auto, che però non era stata contraffatta, che ha rivelato la zona di provenienza del gruppo. A quel punto sono partiti pedinamenti, analisi delle videocamere, tabulati telefonici, tracciamenti dei veicoli e attività di intercettazione che hanno consentito di risalire ai componenti e alla struttura dell’organizzazione.
Tra aprile e agosto 2024 gli indagati avrebbero tentato dieci assalti in quattro regioni: Molise, Puglia, Campania e Basilicata. Solo cinque colpi sono riusciti, con un bottino complessivo di circa 200.000 euro.
Le esplosioni, come ha rimarcato la sostituta procuratrice Marianna Meo, non sono state senza conseguenze: un membro della banda, durante un colpo al bancomat di Chieuti, ha riportato lesioni gravi a causa dell’eccessiva potenza degli ordigni utilizzati, ed è dovuto ricorrere alle cure dell’ospedale foggiano. Proprio il suo referto ha regalato un prezioso indizio agli inquirenti.
Il comandante del Comando Provinciale di Campobasso, colonnello Luigi Di Santo, ha definito il fenomeno «un allarme sociale», ricordando l’impatto che questi reati hanno sulla vita delle persone: «Danneggiare un bancomat non significa solo rubare denaro. Significa impedire a un padre di aiutare un figlio che frequenta l’università, creare presupposti per truffe agli anziani, colpire un’intera comunità».
Di Santo ha parlato di un «modello operativo basato su scrupolosità, professionalità e tenacia», sottolineando come la tecnologia da sola non basti senza riscontri sul territorio. «Il Molise è una terra sana – ha aggiunto – e va protetta con fermezza, altrimenti cresce la tracotanza criminale».
La procuratrice Elvira Antonelli ha rimarcato la pericolosità degli assalti, caratterizzati dall’uso di esplosivi ad alto potenziale e armi classificate come “da guerra”.
Ha spiegato che il gruppo operava con un metodo consolidato, colpendo anche due volte nella stessa notte e disponendo di mezzi rubati, strumenti di pagamento e una ripartizione del profitto ben organizzata.
La Procura di Larino ha deciso dunque di agire «in via d’urgenza» per dare «un segnale forte alla cittadinanza» e impedire la prosecuzione dell’attività criminosa.
Il tenente colonnello Alfredo Zerella, alla guida del Reparto operativo, ha descritto il gruppo come «un sodalizio giovane e strutturato», con un capo promotore sotto i trent’anni. C’erano ruoli rigidi: chi reperiva le auto, chi costruiva gli ordigni, chi inseriva la marmotta e chi raccoglieva il denaro.
Soddisfatto del risultato anche il comandante della Compagnia di Larino, Vincenzo Bazzurri, che ha definito l’operazione, nata sotto l’egida del maggiore Petruzzella, come l’«epilogo di mesi di intenso lavoro. Non è stato semplice ricostruire il percorso effettuato, né i ruoli. Ma dopo un’accurata indagine e grazie al sostegno della procura siamo riusciti a chiarire tutti i dettagli».
Tutti i membri del sodalizio risultano gravati da precedenti di polizia, alcuni anche per reati specifici e legati tra loro da vincoli di parentela.
I reati contestati includono associazione per delinquere aggravata dall’uso di materiale esplosivo, furti pluriaggravati ai danni di istituti di credito e uso di ordigni artigianali contenenti polvere pirica (marmotta).
L’operazione rappresenta un segnale chiaro: l’attenzione da parte delle forze dell’ordine e della Procura sul fenomeno resta alta e la risposta delle istituzioni sarà sempre immediata e coordinata. «La Procura c’è» ha concluso Antonelli, «e la tutela della comunità resta la nostra priorità».
sl

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