I genitori, al suicidio del figlio Roberto non ci hanno mai creduto. Il caso si riapre. I fatti risalgono a tre anni fa: Roberto Straccia, studente marchigiano, scompare da Pescara il 14 dicembre del 2011 e viene ritrovato morto sul litorale di Bari 24 giorni dopo: il 7 gennaio del 2012. Nel 2013 la Procura di Pescara chiude il caso che invece viene riaperto dalla Procura della Repubblica di Campobasso “che ha già nominato un pm e aperto un fascicolo’ come riferisce l’avvocato della famiglia Straccia Marilena Mecchi. La decisione di riaccendere un faro sulla morte di Roberto si deve al copioso dossier in cui l’avvocato Mecchi ha racchiuso una serie di anomalie nella conduzione delle indagini dei carabinieri e che aveva portato all’istanza di riapertura dell’inchiesta. L’avvocato aveva anche presentato, lo scorso giugno, una querela contro i carabinieri, in cui si ipotizzavano una serie di reati: dall’inquinamento delle prove, all’omissione di atti d’ufficio e violazione dei dati informatici. Il legale della famiglia Straccia aveva sottolineato la sparizione di alcune intercettazioni telefoniche, l’accesso abusivo alla pagina Facebook di Roberto e soprattutto un sms partito dal telefonino di un conoscente di Roberto, prima del ritrovamento del cadavere, il cui testo non è mai stato reso pubblico tantomeno preso in considerazione, almeno secondo il legale, dagli inquirenti. Questi i motivi che hanno spinto alla decisione di riaprire il procedimento per fare luce sulle incongruenze riportate nel dossier. Se ne occuperà la Procura di Campobasso (competente a giudicare sull’operato dei magistrati del distretto di Corte d’appello dell’Aquila), che ha riunito i due fascicoli aperti all’Aquila e che chiarirà l’operato dei magistrati che si sono occupati del caso. “Siamo disposti ad arrivare fino alla Cassazione – conclude il legale -. Faremo tutto ciò che è necessario per accertare la verità”.


























